Sembra che siano finiti i tempi supplementari della Legge di Bilancio con il rilascio del decreto del CdM con il quale si fissano le direttive per dare applicazione ai capitoli del Reddito di Cittadinanza e di Quota 100, provvedimenti politici simbolici del Contratto di Governo tra M5S e Lega. Da segnalare ancora alcuni slittamenti nella tempistica, in particolare per i lavoratori della Pubblica Amministrazione ma, di fatto, l’impegno del Governo è di far partire il marchingegno da aprile 2019, giusto un mesetto prima delle elezioni europee.
Ora che la Finanziaria diviene operativa, ci sentiamo di commentarne i contenuti a ragion veduta. Vogliamo partire un po’ a ritroso nel tempo e cioè dal dibattito preliminare alla presentazione del DPEF – il documento di programmazione economica e finanziaria – nella tarda primavera scorsa, che conteneva le premesse del Reddito di Cittadinanza [780€ per tutti, fine della povertà] e Quota 100 [abolizione della riforma Fornero] con una quantificazione approssimativa delle somme di spesa pubblica necessaria a farvi fronte.
Su queste semplicistiche indicazioni di politica economica del Governo a sostegno del reddito e del lavoro, ma anche sul mancato sostegno [sgravio e incentivi] alle imprese si è, da subito, sparato a palle incatenate da parte di tutte le lobby, italiane ed europee, del potere economico, finanziario e politico. Da quelle di tradizione liberal-keynesiano a quelle di stretta osservanza neoliberista, neppure i neo nazionalisti al potere in Austria, Slovenia, Ungheria, Polonia hanno proferito parola quando le Istituzioni Europee hanno ripetutamente tirato le orecchie al ministro Tria e al Governo tutto. Una pesantissima interferenza politica come fu, in un altro spazio/tempo, con Berlusconi e, con altre modalità, verso la stessa Grecia.
Nell’Epoca della Disinformazione, possiamo, tranquillamente, affermare che quasi tutta la grande stampa italiana ha falsato, depistato, distorto – sicuramente facilitata in ciò dalla faciloneria, improvvisazione e spocchia governativa – quanto, avventatamente, di nuovo stava nella manovra economico-finanziaria: uno spostamento importante di risorse a sostegno del cittadino e una consistente riduzione di donazioni a pioggia per le imprese. Il PD e Forza Italia, le Associazioni Industriali, congiuntamente, hanno mosso mari e monti, attivando tutti i propri uomini di potere e di influenza politica per disinnescare questa operazione, sventolando lo spettro delle compatibilità, del default del debito pubblico, dell’uscita dall’Europa.
Così tra i ricatti europei, con la spola tra Bruxelles e Roma di Tria e Conte, con i richiami delle mille botteghe e imprese della vecchia Padania, il Governo ha partorito il topolino di questi giorni. Un topolino che, per altro, conserva, anzi ha esacerbato tutti gli aspetti di disciplinamento sociali presenti già nella manovra originaria.
Pensiamo solo al meccanismo del Reddito di Cittadinanza, che oltre ad essere solo un potenziale diritto per i cittadini italiani [da almeno 10 anni], dunque intrinsecamente xenofobo e costitutivo di un differenziato diritto materiale, è permeato di una logica lavoristica repressiva [se non accetti il lavoro sei escluso, se ‘imbrogli’ o hai qualche gig lavoro extra rischi il carcere fino a 6 anni], degno di un regime di apartheid e di una distopica società del controllo sociale integrale, in cui la famiglia tradizionale fa da perno. Con al suo interno il mantenimento delle regalie alle imprese sul modello del Job Act renziano, camuffato da lotta alla disoccupazione. Altro che liberazione dal lavoro, altro che fine della povertà!
Meno smaccato il condizionamento sociale presente nella Quota 100, che sicuramente non cancella la riforma Fornero, che rimane sullo sfondo a parametrare tempistiche, trattamenti di quiescenza come una spada di Damocle, pronta ad essere sfoderata e calata ma coltiva, anche qui differenziando tempi e modi, la divisione tra lavoratori del privato e del pubblico.
Solo fuffa governativa, quindi. No, è innegabile che qualche vantaggio individuale potrà discendere dal Reddito di Cittadinanza e da Quota 100, ma siamo distanti anni luce da un’inversione di rotta nelle direttrici della politica economica del governo, così come ci è stata spacciata dalla propaganda a tamburo battente di Lega e M5s e a cui molti ci hanno creduto e si sono abbeverati: la cifra neoliberista della governance italiana non cambia di segno, rimanendo in sintonia con quella europea, anzi si colora di bruno con l’accentuarsi di tutte le forme di controllo, di disciplinamento sociali presenti tanto nella manovra finanziaria, quanto, molto più smaccatamente, nel decreto Salvini.
Quello che non lievita dentro il furore delle lotte, ma piove dall’alto del Palazzo non può che essere una briciola sotto il tavolo del banchetto dei potenti, non può che portare il marchio indelebile del rapporto servile. Tutt’altra sostanza intravvediamo nella vicina Francia dei ‘gilet gialli’, dove un movimento composito, moltitudinario, diffuso territorialmente e ingovernabile sul piano dei comportamenti di piazza e della rappresentanza, ha ottenuto, in prima battuta, un riconoscimento economico, a vario titolo, tale che dei parametri europei stabiliti dal Fiscal Compat per la Francia sono stati immediatamente rimossi e, ora, obbliga Macron ad una riconsiderazione collettiva, attraverso i sindaci, della politica economica governativa: una effettiva messa in discussione dell’impianto neoliberista. La lotta paga, altro che il 2,04 di Tria, Salvini, di Maio, Conte dal sapore spiccatamente elettoralistico.
Stiamo per ottenere, dunque, con forti restrizioni e molto più disciplinamento, quello che nella maggioranza dei Paesi europei hanno da decenni e che, da un lustro a questa parte, stanno gradualmente modificando per riuscire a obbligare al lavoro generazioni resilienti all’imperativo sociale del lavoro. Estremizzando anche dietro la Brexit si può intravvedere il profilo l’urgenza di questo disciplinamento sociale per autoctoni e forestieri [uno dei leit motiv di Farange diceva ‘il nostro Income, il nostro Welfare non devono andare a cingalesi, pakistani e ucraini’].
Ebbene, è indispensabile che anche in Italia riparta un percorso di lotte con al centro la redistribuzione della ricchezza socialmente prodotta [altro che Flat Tax!!] e per il reddito soggettivo: il benessere e benestare dei cittadini non deve essere identificato solo con un qualsivoglia reddito di cittadinanza [certo, meglio di niente] ma anche da un ripristino e allargamento dei servizi sociali, falciati da 20 anni di neoliberismo di rapina, dalla proposizione e conquista di una idonea paga base oraria per tutti i settori, per investimenti pubblici che pongano al centro la difesa del territorio, dell’ambiente, dell’istruzione, della ricerca che vadano a creare le precondizioni per il superamento della condizione che vede il lavoro italiano, socialmente erogato, scivolare nella macro area della Cina, della Turchia e dell’Est europeo della divisione internazionale del lavoro, per potersi agganciare agli standard sociali e della trasformazione del lavoro propri dei Paesi nordeuropei e nordamericani.