Sabato 26 marzo, assieme ad altre decine di migliaia di persone abbiamo partecipato alla grande manifestazione che si è tenuta a Firenze. E’ innegabile che il Collettivo GKN è riuscito in una grande impresa, dopo avere girato per tutta Italia ed avere incontrato una infinità di realtà di fabbrica, sociali e studentesche e portando in ogni luogo una ventata nuova che nulla aveva a che fare con quanto siamo stati abituati a vedere da precedenti esperienze di lotta di fabbrica. Abbiamo definito in varie occasioni il Collettivo GKN una vera anomalia, in quanto è riuscito costruire da quando sono arrivate le lettere di licenziamento, una realtà di lavoratrici e lavoratori assolutamente compatta nel sostenere il percorso indicato dal Collettivo che si è mosso fuori dagli schemi del sindacalismo confederale. Abbiamo avuto modo di osservare come, ciò che si è dato nell’occupazione della GKN in difesa del proprio posto di lavoro e del reddito, sia stata la creazione di una comunità di lotta costruita attorno alla parola d’ordine “INSORGIAMO”. Abbiamo riscontrato dai vari incontri e manifestazioni ai quali abbiamo partecipato che il Collettivo ha avuto anche una modalità di agire che richiama molto lo Zapatismo, nel senso che non c’è mai stata la presunzione di andare in giro per l’Italia per “dare la linea”, ma l’atteggiamento è sempre stato quello di ascoltare e di raccogliere spunti, idee, nella direzione di voler costruire una vera convergenza delle lotte, per tenere assieme la questione del lavoro e del reddito con quella climatica, quella di genere con quella contro il razzismo e l’omotransfobia e per ultima quella contro la guerra ed il riarmo. Un altro elemento non trascurabile che ha caratterizzato il percorso del Collettivo GKN che ha portato alla grande manifestazione di Firenze, è stato quello del superamento del dato ideologico, nonostante il fatto che tutti i partiti e partitini di ispirazione novecentesca e le componenti più ideologiche dei vari segmenti del panorama italiano, abbiano osannato la lotta della GKN come l’esempio più eclatante del ritorno di una lotta di classe di stampo novecentesco. La capacità, al contrario del Collettivo GKN è stata quella di far vivere quel particolare conflitto in un contesto completamente diverso che vede la necessità di indicare alle lavoratrici e ai lavoratori della GKN non “il sol dell’avvenire”, ma una prospettiva di una lotta concreta che mira a salvaguardare reddito e posto di lavoro attraverso un meccanismo di riconversione produttiva che non si accontenta di una mera salvaguardia del posto di lavoro, ma che ha la pretesa anche di entrare nel merito di cosa si produce e del come si produce.
Per la prima volta, nel settore metalmeccanico, i protagonisti di una lotta così importante non sono stati i sindacati confederali (pur essendovi una preponderanza di iscritt* alla FIOM) ma un collettivo di fabbrica che è riuscito a creare una grande e positiva suggestione espressa anche scenograficamente di un punto di vista non assoggettato ad alcuna burocrazia sindacale. Un altro dato importante che non si può trascurare è che il Collettivo GKN è diventato un soggetto politico, ma non come espressone di un gruppetto ultraminoritario e ideologico ,ma come organismo nel quale si identifica la totalità o quasi di lavoratori e lavoratrici della GKN. E’ un fatto storico senza precedenti vedere una identificazione così forte tra un organismo che è diventato a tutti gli effetti politico e non di mera rappresentanza formale, che va quindi ben al di là della RSU o – se vogliamo andare indietro nel tempo – anche dei vecchi Consigli di Fabbrica, con l’interezza della fabbrica.
Nella piazza del 26 marzo c’era di tutto e di più. C’erano tutti i partiti e partitini della sinistra novecentesca, da Potere al Popolo a Rifondazione alle varie diramazioni dei vari partiti comunisti, c’era una presenza addirittura di uno spezzone novax con qualche demente che andava in giro per il corteo ad intimare a chi aveva la mascherina di levarsela; c’erano presenze molto contenute della sinistra CGIL, come sindacati di base c’erano un po’ tutti, con uno spezzone significativo del Si Cobas, c’erano le varie realtà di Centri Sociali dal Nord, dal Centro e dal Sud , i disoccupati organizzati, comitati per la pace e poi – ed è la presenza secondo noi più significativa – c’era una presenza imponente di studenti e studentesse con FFF e ER. E c’eravamo anche noi come Adl Cobas, che avevamo dato l’adesione alla manifestazione con un appello sottoscritto da CLAP di Roma, SIAL COBAS, Laboratorio sociale – Alessandria, TPO – Bologna, Làbas – Bologna, Laboratorio Aq16 – Reggio Emilia, Casa Bettola – Reggio Emilia, Casa Madiba Network – Rimini, Fuorimercato Autogestione in movimento, nel quale si riassumevano i temi centrali che ruotano attorno al concetto di “Giustizia Climatica e Giustizia Sociale”, coniugato con l’opposizione a tutte le guerre, con la garanzia di uguali diritti per tutti i profughi, da qualsiasi parte del mondo provengano, con il rifiuto di pagare il prezzo di una guerra assurda e criminale come tutte le guerre e con la necessità di conquistare una vera democrazia nei posti di lavoro e nella società, per costruire da Firenze la rappresentazione viva di un percorso di convergenza delle lotte.
La domanda che è necessario porci dopo questa manifestazione è se e quali sviluppi potrà avere nel prossimo futuro. E’ necessario capire quante di tutte queste realtà sono in sintonia con le linee tracciate dal Collettivo GKN, quante realtà potranno costruire realmente percorsi di convergenza delle lotte nei territori. Ma dobbiamo anche cercare di capire se il Collettivo, oltre ad avere creato una grande suggestione sulla possibilità concreta di costruire nuovi percorsi di lotta e nuove narrazioni sul piano dei processi di soggettivazione, voglia dare seguito a quella che fino ad oggi è stata una mera dichiarazione di intenti. E, se da un lato, ha avuto il merito di portare in piazza tanta gente, dall’altra, proprio per la modalità quasi ecumenica di chiamata all’insorgenza, ha fatto sì che la risposta alla chiamata sia stata pressochè totale da parte del mondo della “sinistra” ad esclusione del PD, ma , allo stesso tempo deve far riflettere il fatto che con molte di quelle realtà presenti in quella piazza, non ci possa essere alcuna possibilità nemmeno di avviare un dialogo, viste le distanze politiche, culturali, diremo anche antropologiche, che le separano. Tutto ciò pone quindi un problema a partire da quanto ha scritto il Collettivo GKN in preparazione della manifestazione: “… dobbiamo aver la capacità di stimolare ed incentivare quella che abbiamo definito come convergenza, cioè l’aspirazione a non essere coincidenza, a non ritrovarsi soltanto come sommatoria di esperienze, ma tentare di trovare una sintesi possibile perché lo spazio politico, sociale e sindacale che abbiamo aperto si allarghi, diventi terreno calpestabile per tutti e tutte in termini di agibilità politica, legittimità e uscita dal minoritarismo in cui la controparte cerca sempre di ricacciarci. Il 26 marzo sarà un momento importante per la costruzione di questo orizzonte”.
Come si passa allora da una coincidenza in una manifestazione ad una convergenza vera nelle lotte su tutti quei punti già indicati dal Collettivo GKN per uscire dal minoritarismo. E aggiungiamo noi – oltre che sulle lotte che riguardano giustizia climatica e sociale, al cui interno ci sta oggi anche la lotta contro la guerra imperiale della Russia contro l’Ucraina e contro tutte guerre ed il riarmo – anche tutto quel campo fondamentale che riguarda la democrazia, non solo all’interno del mondo del lavoro ma anche su tutto ciò che concerne il piano decisionale sulle scelte energetiche, piuttosto che sull’urbanistica o sulla mobilità, ecc.. Ma con una differenza sostanziale tra il campo del lavoro e quello che riguarda tutti gli altri aspetti della vita sociale, vale a dire che, mentre su questi ultimi aspetti c’è una parvenza formale di democrazia che deriva da una presunta legittimazione garantita dalle elezioni nazionali, regionali e comunali, sul piano del lavoro, siamo in presenza della negazione totale del rispetto della volontà dei lavoratori e delle lavoratrici di farsi rappresentare da chi decidono che meglio li/le rappresenti. Da questo punto di vista ci sembra di poter dire che da parte del Collettivo GKN non vi sia una particolare attenzione su questo tema, come se fosse qualcosa su cui è meglio non pronunciarsi. Ma crediamo che, proprio per il carattere eretico che ha contraddistinto il percorso di lotta della GKN, a maggior ragione pensiamo che sarebbe molto importante ricercare convergenza anche su un tema come questo. Ma non tanto perché qualche sindacato di base rivendica una parità di trattamento sull’applicazione dei diritti sindacali, cosa peraltro più che legittima, ma la questione della democrazia sui luoghi di lavoro nasce proprio dalle trasformazioni che si sono prodotte nella composizione di classe che hanno visto un forte ridimensionamento della classe operaia tradizionale, – quella per intenderci dell’industria metalmeccanica, chimica, tessile, ecc – e l’aumento esponenziale di tutta una serie di figure, dal trasporto merci-logistica, al precariato presente in tutti i settori, al settore delle pulizie, del turismo, alla presenza sempre più massiccia di forme di caporalato in agricoltura e non solo, alla presenza di settori come quello dei Servizi Fiduciari e Guardiania che si ritrovano ancora con paghe orarie di 5 € lordi in base a contratti firmati da CGIL e UIL, l’irrompere nella scena dei Riders. E’ a partire da questa analisi, a cui sono seguiti importanti percorsi di autorganizzazione che chiunque oggi si ponga sul terreno del conflitto non può non interrogarsi sulla indegnità di una legge che garantisce ai sindacati confederali l’esclusiva della rappresentanza.
Chiaro quindi che nel prossimo futuro, per quanto ci riguarda, ci troviamo molto lontani da quei sindacati che proclamano periodicamente scioperi generali, tanto per sentire alla TV e alla Radio che è stato proclamato lo sciopero, ci interessa molto di più un percorso che parta dai settori lavorativi dove gli scioperi si fanno realmente e dai territori e che cerchi di tradurre in una azione concreta quelle parole che abbiamo sentito pronunciare anche dal Collettivo GKN: convergenza, intersezionalità e aggiungiamo noi intersindacalità. Tre concetti che vanno declinati all’interno dei territori; convergenza delle lotte che sappiano mettere assieme la battaglia per la giustizia sociale e climatica in un’ottica di intersezioonalità perché siamo in presenza di sezioni diverse della composizione di classe e di soggetti che lottano sui terreni che qualificano la qualità della vita, che devono ricercare forme di ricomposizione. In assenza di una predominanza di un settore di classe su altri e nell’epoca nella quale tutto il tempo di vita viene messo a profitto, non è compito facile riuscire a declinare all’interno dei territori la costruzione di vertenze che riguardano la salvaguardia dell’ambiente, i beni comuni, i diritti sociali e sul lavoro e la lotta contro ogni forma di discriminazione. In questo senso pensiamo che il Collettivo GKN, così come è riuscito a costruire momenti così importanti di mobilitazione a livello nazionale, potrebbe anche essere un fattore di traino in Toscana nella capacità di sperimentare pratiche di questo tipo. Così come dobbiamo cercare di fare tutt* nei nostri territori nella ricerca continua, prima di tutto di produrre lotte reali con soggetti reali, e poi di riuscire a farle convergere.
L’altra parola che ci sta molto a cuore è Intersindacalità. Pensiamo che sia necessario sul terreno delle lotte contro precarietà e per migliorare le condizioni di lavoro riuscire a produrre un salto netto di qualità rispetto alla storia del cosiddetto “sindacalismo di base” e dei conflitti sindacali più in generale. Per troppo tempo le varie sigle del sindacalismo di base, al di là delle grandi differenze che le contraddistinguono sul piano soprattutto ideologico, hanno guardato molto di più alla cura del proprio orticello entrando spesso in una logica concorrenziale cercando di far vedere quanto uno è più cattivo dell’altro. Per quanto ci riguarda questa logica non ci è mai appartenuta e abbiamo avviato un rapporto prevalentemente con il Si Cobas nel comparto della logistica che si basava sulla condivisione reale delle lotte e sulla necessità di farle convergere verso obiettivi comuni. In questa ottica siamo riusciti a costruire vertenze nazionali che hanno portato alla sconfitta in moltissimi magazzini del caporalato e alla conquista di accordi nazionali che hanno stravolto lo stesso CCNL. Per noi questo è Intersindacalità. La stessa cosa l’abbiamo sperimentata anche con altre sigle sindacali con le maestranze dello spettacolo e con gli/le operatori/trici sociali.
Allora ci piacerebbe sapere qual è il punto di vista del Collettivo GKN su questa modalità di concepire l’attività sindacale e pensiamo che sicuramente l’apertura di un dibattito serio su questi due aspetti: democrazia sui luoghi di lavoro e intersindacalità, potrebbero temi importanti sui quali misurarci per il futuro a partire dal fatto che a tutte le questioni che abbiamo indicato si è aggiunta la guerra e tutti gli annessi e connessi, a partire dal carovita. E’ chiaro che la situazione non è per niente semplice, ma serve un grande sforzo anche di creatività per riuscire a far fronte ad uno scenario che vede sommarsi gli effetti della pandemia con quelli della guerra e della crisi climatica che andrà sicuramente a peggiorare, proprio perché la guerra induce tutto l’occidente a rilanciare le fonti energetiche fossili e il nucleare.