Era – siamo in – una notte buia e tempestosa.…questo è il dato di fatto, parafrasando l’incipit di Snoopy, il cane filosofo dei Peanuts, creati dal grande fumettista C. M. Schulz. Ma essendo, noi ora, in una notte di mezz’estate vale la pena fissare alcuni punti orientativi per una navigazione che rimane a vista.
La pandemia.
Qui da noi e in Europa permane latente. Una brace sotto la cenere, soffocata in alcune zone, rinfocolata altrove, pronta a dilagare prossimamente. Le misure di distanziamento e restrittive della socialità sono ancora l’unico vero strumento a disposizione per contenere il diffondersi del contagio. Mentre è evidente che, in un prossimo futuro, il rallentamento delle attività strettamente produttive venga esorcizzato, contando sull’effettuato ripristino di una parte delle strutture sanitarie d’emergenza e dell’esperienza già maturata nel semestre passato. Nelle Americhe siamo in piena emergenza, così come nel sub continente indiano e in Africa. La pandemia segue come un ombra gli agenti della globalizzazione produttiva, della circolazione degli uomini e delle merci. Dovremo continuare a fare i conti con essa, considerarla come fattore determinante della fase politico-economica che stiamo attraversando. Un fattore – la pandemia – usato dalle governance nazionali e sovranazionali per affinare gli strumenti di controllo sociale, della decisionalità politico-istituzionale, per accelerare la trasformazione delle modalità del produrre [chi, cosa, come, perché], per seguitare la sussunzione del reale e del vivente alla produzione capitalistica.
Nulla sarà come prima.
È vero. Lo possiamo costatare nella decisionalità politica in Europa con l’accantonamento dei parametri di Maastricht, nei clamorosi cambiamenti in materia sanitaria di Boris Johnson, in quelli altalenanti di Trump o di Putin. Con Trump che preme nella guerra di contenimento dell’eccedenza economico-produttiva e del dilagante potere cinese. Con Putin che rafforza il proprio radicamento militare in Medio Oriente e nell’Africa mediterranea per contrastare il bullismo jahidista di Erdogan. Tutto cambia, dai fondamentali parametri dell’economia neoliberista in Europa, alle convergenze di interesse nella geopolitica mondiale, perché tutto rimanga sotto controllo, come prima. Vero signora Merkel ?! Noi non dobbiamo mai scordare che il cambiamento sociale, politico, economico, negli equilibri internazionali viene prodotto dalla conflittualità ingenerata, dal senso che ad essa siamo in grado di imprimere, dalle prefigurazioni materiali che riusciamo a sperimentare nella vita concreta di tutti i giorni. Aldilà delle buone intenzioni*: dall’alto del Potere quello che ci può arrivare è solo un affinamento nella gestione delle risorse e un paternalismo autoritario.
Recovery found, MES, PIL. Il caso Italia.
Da sempre sentiamo dire dagli Alti Papaveri della governance economico-finanziaria mondiale (ed europea) che l’Italia ha un rapporto debito/PIL, pericolosamento sbilanciato, che oggi viaggia attorno al 134% e che questo è il fattore determinante della sua debolezza economica e scarsa rilevanza nel panorama politico internazionale ed europeo. Questo dato macroeconomico, il rapporto debito/PIL, ridiventato verso la fine del secolo scorso, manu militari, la stella polare del neoliberismo, nasconde, per quanto riguarda l’Italia, l’enorme portato del risparmio dei cittadini, che lo fa, di fatto scomparire, collocando questo paese, addirittura, nel novero dei più virtuosi.
In Italia abbiamo sì un enorme debito pubblico, ma è supportato e garantito da un portentoso risparmio privato. Un risparmio privato che esiste in minima parte in molti altri paesi o che, spesso, si rappresenta come grande indebitamento privato: l’indebitamento dei cittadini americani verso le banche, quelle, in particolare, garanti dei mutui casa, è stato l’origine e il volano della crisi finanziaria ed economica USA del 2008, che, poi, ha investito gli assetti economici occidentali.
Una crisi usata dagli Alti Papaveri per calzare il tallone di ferro di un neoliberismo di rapina a livello mondiale. Il rapporto debito/PIL costantemente usato come una clava per abbattere il reddito sociale e il salario indiretto dei lavoratori, per erodere il potere d’acquisto e il risparmio sociale, pilastri della resistenza e resilienza collettiva.
Poi la pandemia, attorno alle cui cause ed effetti molto è stato scritto, anche da noi. Poi sono usciti (promessi spesso) denari come da una Cornucopia: il rapporto debito/PIL, i parametri europei di compatibilità sono stati accantonati in nome di un’emergenza socio-sanitaria che si è diffusa in tutto il continente, in tutto il mondo.
Il governo, ci dice Conte, ha battuto i pugni in sede UE e ha ottenuto un buon risultato: ci sono i soldi per una ripartenza e l’Unione europea ha modificato la propria metodologia politica, possiamo vantarci di essere stati determinanti in questo ridislocamento della UE.
Vero, diciamo pure che Conte e il suo governo – sostenuto dal Commissario UE all’economia Gentiloni, dal Presidente del Parlamento UE Sassoli – ha saputo fare gioco di squadra, fino a consolidare nelle loro decisioni, precedentemente un po’ titubanti, le 2 dame di ferro Merkell e von der Leyen. Cambiare per mantenere e sostenere l’assetto esistente: l’autunno si preannuncia carico di nubi sociali minacciose in tutta Europa. Questo il refrain.
Ma dopo aver dato a Cesare il dovuto riconoscimento politico, vale, come da più parti** viene sottolineato, fare i conti col palottoliere anziché con degli elaborati algoritmi. Nel dare contributi e nel avere risorse disponibili l’Italia porterà a casa qualcosa come 20 MLD a fronte della cifra sbandierata dal governo di 209 MLD mentre quella complessiva rimane di 750 MLD (390 a fondo perduto e 360 a prestito). Una ventina di miliardi di euri reali***, il 10% di quelli rivendicati dal governo Conte, che non permette grandi margini di manovra economica, e che riaccende la tensione tra le parti politiche sui 37 MLD del MES, disponibili per spese e investimenti correlati all’emergenza sanitaria evidenziata dalla pandemia.
Un possibile elemento di destabilizzazione politica per il governo Conte, che ha di fronte un autunno assai problematico sul piano sociale oltre che traballanti – per la sua coalizione – elezioni politiche regionali.
* AA.VV Nuovi lavori per guarire la terra malata >https://ilmanifesto.it/nuovi-lavori-per-guarire-la-terra-malata/
** Marco Bersani > https://www.attac-italia.org/recovery-fund-e-tutto-oro-o-tutto-loro-quello-che-luccica/
*** Andrea Fumagalli > http://effimera.org/laccordo-europeo-per-il-recovery-fund-paesi-frugali-vantaggi-per-litalia-e-fake-news-di-andrea-fumagalli/