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ADL Cobas > Blog > Sociale > Diritto alla Casa > Contro il decreto sicurezza: il decreto dell’odio e dell’esclusione sociale!
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Contro il decreto sicurezza: il decreto dell’odio e dell’esclusione sociale!

adlcobas
di adlcobas Pubblicato 11 Ottobre 2018 1.3k Visualizzazioni 6 minuti di lettura
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6 minuti di lettura
Sindacato di Base ADL Cobas - Contro il decreto sicurezza: il decreto dell’odio e dell’esclusione sociale!
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Lunedì 24 settembre è stato approvato all’unanimità il decreto sicurezza tanto sbandierato dal ministro dell’odio Salvini. Il presidente della Repubblica ha apposto la sua firma ed è entrata in vigore una delle peggiori leggi della storia recente del nostro paese. Già la prossima settimana il decreto inizia il suo iter parlamentare. Non c’è più tempo da perdere!
Fortunatamente, da più parti, vengono sollevate critiche al decreto sia dal punto di vista sostanziale che etico; vengono rilevati elementi di incostituzionalità e discriminazione, cosa di cui non dubitiamo.
D’ora in poi, poveri, migranti, richiedenti asilo, lavoratori e occupanti di case avranno la vita ancora più difficile.
Si tratta di un provvedimento che aumenterà notevolmente le presenze irregolari nel nostro paese. L’eliminazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari creerà solo clandestinità, isolamento e sfruttamento in misura esponenziale.
La tutela umanitaria, pur essendo una forma complementare e residuale, rappresentava fino ad oggi, di fatto, il beneficio maggiormente riconosciuto dal sistema nazionale. Si trattava dell’unica speranza per coloro che sono arrivati nel nostro paese per scappare da povertà e fame. Il decreto elimina la possibilità per le Commissioni e le questure di valutare la sussistenza dei “gravi motivi di carattere umanitario” e inserisce altre tipologie di permessi limitati a casi particolari.
Qual è il motivo di tale abrogazione? Non abbiamo dubbi: colpire i più deboli, aumentare le situazioni di irregolarità e, come dice il decreto stesso, le conseguenti espulsioni.
Il decreto prevede il superamento della logica d’inclusione degli Sprar e il prolungamento del periodo massimo di trattenimento dello straniero nei centri di permanenza per i rimpatri: si passa dagli attuali 90 giorni a 180 giorni. Verranno stanziati più fondi per i rimpatri: 500mila euro nel 2018, un milione e mezzo di euro nel 2019 e un altro milione e mezzo nel 2020.
Con la firma del presidente della Repubblica è diventato legge anche l’attacco a chi la cittadinanza se l’è sudata, l’ha conquistata dopo 10 anni di residenza e di duro lavoro. Si introduce infatti l’istituto della revoca della naturalizzazione italiana concessa ai cittadini stranieri che rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale, avendo riportato condanne per gravi reati. Che dire, a un cittadino italiano non può mai essere revocata la cittadinanza mai per nessun motivo! Si può pagare per i propri errori ma di sicuro a nessuno di noi può essere tolta la cittadinanza.
C’è da dire che mai come in questo 2018 ci sono stati così tanti preavvisi di dinieghi e dinieghi definitivi. Basta anche solo una segnalazione da parte di un qualsiasi comando dei carabinieri di uno sperduto paesino di provincia a bloccarne la concessione, costringendo il cittadino a chiedere l’intervento di legali per spiegare la propria posizione. Con questa norma vogliono consentire l’allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini, altrimenti impossibile quando uno diventa cittadino italiano: se non è discriminazione questa, qualcuno ci spiega di cosa si tratta?
Si prevede un allungamento dei termini per i procedimenti di concessione (i già due lunghissimi anni diventano quattro), tanto per la cittadinanza per naturalizzazione quanto per l’attribuzione della cittadinanza per matrimonio. Si abroga la disposizione che, in caso di decorso infruttuoso del termine per la conclusione del procedimento, comportava la formazione di silenzio-assenso sulla richiesta di cittadinanza per matrimonio.
Insomma, lunghe attese, incertezze e in molti casi l’impossibilita per molti dei figli di acquisire la cittadinanza in virtù della concessione ai genitori prima del compimento del diciottesimo anno.
Ovviamente è previsto un aumento della tassa da pagare che è passata da 200 a 250 euro per la presentazione dell’istanza (paghi di più per l’aumento di un disservizio).
Non c’è nulla che faciliti la vita delle persone in questo decreto dell’esclusione, non c’è nulla di buono per i cittadini stranieri, non c’è nulla di buono per i naturalizzati e non c’è nulla di buono neanche per noi autoctoni.
Se poi si decidesse di combattere nei luoghi di lavoro per conquistare nuovi diritti o semplicemente per mantenere integri quelli già acquisiti appare chiaro il ricatto: se scioperi, se fai un blocco stradale davanti alla fabbrica, se giustamente protesti, scòrdati la cittadinanza. Il blocco stradale torna ad essere un reato penale e non più una violazione amministrativa
Questo decreto non può diventare legge, come organizzazione sindacale che da sempre è a fianco dei cittadini sfruttati e ricattati da questo sistema impazzito e razzista non possiamo stare in silenzio. Da più parti emerge la voglia di mobilitazione, dai volontari del campo dell’immigrazione, dagli indignati per l’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano, dai lavoratori alle varie realtà di movimento.

Per queste ragioni abbiamo deciso di aderire all’appello lanciato dall’assemblea tenutasi a Milano lo scorso 23 settembre e di partecipare all’assemblea che si terrà domenica 14 ottobre a Roma per costruire tutti/e insieme l’opposizione a questo decreto, prima che sia troppo tardi.
Per una presa di parola comune contro le politiche di esclusione sociale, di discriminazione, di espropriazione dei diritti fondamentali, di marginalizzazione e di criminalizzazione delle pratiche di opposizione sociale.
Vediamoci tutte/i il 14 ottobre dalle ore 10.30 presso la locanda Atlantide in Via dei Lucani n. 22 a Roma

ADL COBAS

Argomenti:diritti
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L’ADL Cobas (come “associazione difesa lavoratori”) nasce nel 1992 dall’esperienza politica e sociale sviluppatasi lungo il decennio degli anni 80 nella Bassa Padovana attorno alle lotte contro la ristrutturazione, il decentramento, i licenziamenti, la precarizzazione del lavoro e la devastazione ambientale in quei territori. 


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