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Ci sono voluti oltre tre anni per superare l’esperienza di Casa dei Diritti Don Gallo, le palazzine di via Tommaseo 90, che per lungo tempo sono state l’unico luogo di accoglienza possibile per una sessantina di richiedenti asilo e rifugiati a Padova, ma anche tappa e ricovero, per periodi più o meno lunghi, per centinaia di migranti passatici.
Entrare in quelle stanze, nel dicembre 2013, non fu un capriccio ma un passaggio obbligato. Dopo due anni di ospitalità presso i centri attivati in Città durante la cosiddetta Emergenza Nordafrica si erano infatti ritrovati senza un luogo in cui stare e, soprattutto, senza aver mai potuto beneficiare di quei percorsi di inclusione che sono l’essenza stessa dell’accoglienza.
Pochi corsi di lingua e inadeguati, nessuna formazione professionale, nessun servizio di tutela psicologica, nessuna occasione di tirocinio o esperienza lavorativa. Solo vitto, alloggio e una condizione di attesa insopportabile.
Si trattava di rispondere quindi ad un bisogno, di conquistarsi una possibilità ingiustamente negata da chi sulla loro pelle aveva guadagnato senza offrire ciò che avrebbe dovuto.
A distanza di tre anni il fallimento di quel sistema “emergenziale” è ormai riconosciuto da tutti. Ed oggi, il tema dei percorsi di inclusione e integrazione, offerti dai circuiti di accoglienza, è al centro del dibattito nel nostro territorio e altrove.
Per lungo tempo, invece, la realtà di Casa Don Gallo è stata dimenticata, talvolta avversata.
Non sono mancati certo la solidarietà dal basso di molti cittadini e Associazioni che, come noi, hanno cercato di supportare l’esistenza degli abitanti. Casa Don Gallo è stata in questo periodo anche un laboratorio di sperimentazione attraverso la ciclofficina auto-gestita, la falegnameria Refugees Wood Project, il cortile coi differenti luoghi di culto religioso e lo spazio/cucina africano, il progetto Rifugiati nei Libri e molte altre iniziative.
Ciò che è mancato, invece, è stata l’attenzione da parte delle istituzioni. Per questo i momenti trascorsi sono stati anche difficili: con la negazione dell’iscrizione anagrafica e l’accesso a diversi diritti, l’impossibilità di usufruire dell’energia elettrica o di attivare il riscaldamento.
Oggi però, dopo un lungo percorso che ha visto coinvolti diversi attori istituzionali, la Caritas, la Confcooperative ed il Fondo straordinario di solidarietà di Fondazione Cariparo, la possibilità di superare quell’esperienza è diventato un fatto concreto.
Grazie alla collaborazione di molti, le persone abitanti dall’inizio e protagoniste dell’esperienza sono state inserite in percorsi di formazione lavorativa, con tirocini e borse lavoro a Padova e in Provincia.
Con altri, è stato possibile lavorare affinché si realizzasse il loro progetto di vita che li portava lontano da qui.
Così le porte di Casa Don Gallo si chiudono nella speranza che questa Città abbia imparato la lezione, che i percorsi di accoglienza, attivati oggi, sappiano offrire strumenti e opportunità per non cadere nell’ombra della marginalità sociale ed economica.
Purtroppo, ciò che vediamo intorno a noi non fa ben sperare. I grandi centri delle nostre province, l’accoglienza straordinaria senza servizi certi e controllati, la resistenza di molti Comuni ad attivare percorsi di accoglienza integrata nello SPRAR prospettano un futuro fatto ancora di esclusione per molti, troppi migranti forzati.
Ma questa è già la nostra prossima battaglia, con Annor nel cuore, ragazzo della Casa che ci ha lasciati l’inverno di due anni fa, perché il suo sogno di vita degna viva in sogni realizzati dei suoi fratelli.