Il 25 novembre i fattorini che a Bologna consegnano la spesa per PAM e Carrefour hanno finalmente ottenuto un ottimo risultato: firmato l’accordo che porta regolarità contrattuale e rispetto dei diritti!
Nel corso del 2016, a Bologna, il settore del delivery legato alla Grande Distribuzione Organizzata si è infatti sviluppato velocemente: al servizio di trasporto da 23 tra punti vendita medio-grandi e ipermercati delle due catene commerciali, s’è aggiunto quello di ordinazione online.
Il tutto affidato, fino ad ottobre, a soli 4 operatori, costretti a lavorare con carichi di lavoro insostenibili, sia per numero e volumi di spesa sia per l’allungamento smisurato delle giornate lavorative, fino a 10-12 ore al giorno.
Il 21 ottobre scorso, quindi, i fattorini organizzati nell’ADL Cobas Emilia Romagna avevano indetto la prima protesta davanti al centrale punto vendita PAM di via Marconi, ottenendo subito il supporto di due nuovi addetti, e proseguendo nelle settimane successive con il blocco degli straordinari per rivendicare la regolarità della prestazione lavorativa all’interno delle disposizioni contrattuali, aprendo al contempo un canale di confronto con le aziende appaltatrici.
Fino a venerdì scorso, quando finalmente si è firmato un’accordo migliorativo delle condizioni di lavoro e contrattuali, che prevede:
– adeguamento del part-time a 25 ore (corrispondenti alle ore ordinarie assegnate nei turni) e passaggio di tutti i contratti da tempo determinato a tempo indeterminato;
– nuovo assetto orario e inserimento di 3 nuovi operatori;
– riconoscimento della mansione e corrispettivo livello superiore del CCNL di riferimento (Multiservizi);
– indennità economica per la prestazione festiva;
Un piccolo ma importante passo che va a incidere su un nodo – quello della logistica urbana, del food delivery, dell’economia on demand – al centro delle nuove importanti forme di valorizzazione metropolitana: spazi di sfruttamento intensivo che rappresentano però anche campi di possibilità per praticare dinamiche di (auto)organizzazione, rivendicazione e conflitto.
Di questo parleremo Giovedì 1 Dicembre, insieme ai fattorini protagonisti di questa vertenza, i riders di Foodora a Torino, primi ad accendere la protesta sul settore del Food Delivery, e Simone Fana, ricercatore di sociologia e attivista ACT!, al dibattito “Delivery on strike: sfruttamento e lotte nell’economia on demand”
#maischiavi #deliveryonstrike #diritti
Per saperne di più sulla vertenza → https://adlcobas.it/Bologna-Nuova-Logistica-Metropolitana-il-caso-For-Services.html
Di seguito il testo di lancio del dibattito
Delivery on strike: sfruttamento e lotte nell’economia on demand
Incontro con
Riders foodora in lotta (Deliverance Project Torino)
Simone Fana (attivista ACT agire, costruire, trasformare!)
Tommaso Falchi, fattorini Carrefour e Pam in lotta (Bologna)
coordina Stefano Re di ADL Cobas Emilia Romagna
Giovedì 1 dicembre dalle ore 19:00 aula 1, Lettere, via Zamboni 38
La protesta dei rider torinesi di Foodora ha acceso i riflettori sull’innovativo settore del food delivery: dietro un’industria che in Italia vale più di 400 milioni di euro l’anno, esistono spesso enormi contraddizioni, forme ottocentesche di sfruttamento, assenza di diritti essenziali.
Lo sviluppo delle tecnologie digitali e telematiche ha permesso a numerose aziende multinazionali e start up specializzate di imporsi sul mercato presentandosi come chi permette di soddisfare il “diritto al consumo” senza sforzi, in maniera rapida ed accessibile.
Il consumo a portata di click ha radicalmente modificato il modo di distribuire e di produrre beni e servizi, nel food delivery come nella logistica globale e in quella metropolitana, in particolare se legata alla Grande Distribuzione Organizzata.
Ma qual è il prezzo reale che l’economia on demand impone per massimizzare all’inverosimile i profitti?
Com’è materialmente possibile tutta questa efficienza a basso costo?
E poi, come vengono “messi al lavoro” i soggetti in carne ed ossa che operano in questi settori e quali sono le loro condizioni?
Una cosa è innegabile: alle nuove forme di lavoro si accompagnano costantemente riduzione di retribuzioni e diritti, allungamento degli orari o intensificazione dei ritmi, precarizzazione, disciplinamento e ricattabilità della forza-lavoro.
Se grazie a queste nuove “frontiere della valorizzazione” si nascondono enormi margini profitto, allo stesso tempo grande è la necessità di organizzare forme di resistenza e di conflitto intorno a queste contraddizioni.
Come i facchini nel ciclo di lotta della logistica, riders e fattorini metropolitani cominciano ad alzare la testa e far sentire la propria voce. Ce lo dimostrano i fattorini di Foodora a Torino come i lavoratori che a Bologna consegnano la spesa per PAM e Carrefour.
È possibile allora immaginare forme di emersione ed emancipazione della propria condizione?
Quali potenzialità può esprimere l’ipotesi di organizzarsi – in rete e tramite la rete – contro la frammentazione e l’isolamento?
Di quali strumenti di lotta abbiamo bisogno per ridare forza e dignità a (questo) lavoro, e rivendicare diritti, tutele e un giusto salario?