Dopo tutta una serie scioperi e di lotte sparse soprattutto in Lombardia Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Lazio dove si concentra buona parte della logistica in Italia, nasceva l’esigenza di arrivare ad un coordinamento strategico delle lotte dal basso tra Si Cobas e Adl Cobas per arrivare a cambiare radicalmente la situazione nel settore della logistica in Italia, divenuto sempre più strategico dal punto di vista capitalistico. Si arrivava così a convocare per il giorno 3 marzo del 2013 una assemblea nazionale di delegati e operai della logistica, in video conferenza che aveva visto una grande partecipazione di lavoratori (circa un migliaio di lavoratori) che decidevano di indire per il 22 marzo una giornata di sciopero di 24 ore della logistica.
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Comunicato degli operai della logistica delle assemblee del 3 Marzo 2013
Oggi, 3 marzo 2013, oltre 1000 operai della logistica si sono riuniti congiuntamente in 10 città collegati via web per discutere delle loro condizioni di lavoro, del loro contratto nazionale scaduto a dicembre 2012 ed in fase di rinnovo e soprattutto per contare di più nei magazzini e nel paese.
Abbiamo dato prova di reale partecipazione e democrazia. Operai che discutono e confrontano le loro esperienze di lotta e decidono cosa vogliono e cosa faranno nei prossimi tempi. Non abbiamo notizie di assemblee sindacali in altri magazzini, oltre quelle che organizzano SI-COBAS e ADL-COBAS, ma sicuramente altri lavoratori sentono la necessità di costruire un fronte di lotta unitario da opporre ai padroni.
CGIL-CISL-UIL stanno trattando un rinnovo del Contratto Nazionale senza dire nulla agli operai e moltissimi non sanno nemmeno che il loro contratto è scaduto. Sono tenuti volutamente all’oscuro per poi essere sottoposti ad ulteriori sacrifici e mortificazioni. Come ladri questi signori si muovono con i padroni per rubarci ancora salari e diritti.
Dobbiamo fermarli!
Ci siamo sottratti alla paura e al ricatto ed ora siamo noi ad avanzare le nostre proposte non delegando ad altri il compito di farlo. La nostra piattaforma per il rinnovo del Contratto Nazionale l’abbiamo messa nero su bianco ed inviata alla controparte. Se non la vorranno discutere, se continueranno ad ignorare la volontà degli operai, noi faremo come sempre: scioperi, picchetti, lotta dura!.
La nostra unità è la nostra forza e la nostra determinazione a cambiare le cose l’abbiamo dimostrata attraverso le numerose lotte che hanno attraversato la logistica negli ultimi tempi.
Oggi, 3 marzo, proclamiamo lo stato di agitazione, che si concretizzerà, a partire già da domani, nella capacità di intrecciare le lotte che già stiamo facendo in ogni singolo magazzino e territorio, con la battaglia più generale, per respingere la piattaforma di rinnovo contrattuale proposta dai padroni e imporre un contratto nazionale migliorativo rispetto a quello attuale. Vogliamo costruire un crescendo di iniziative di lotta, a partire dai territori, che possa sfociare in una scadenza comune per tutti, che faccia capire a chi sta trattando a Roma sulla nostra pelle che non stiamo scherzando.
Cogliendo la diversità di ogni singola situazione rispetto ai tempi della lotta, oggi prendiamo la decisione di indire per il 22 marzo una giornata di sciopero e mobilitazione degli operai della logistica aprendo una campagna di lotta per dire no alle proposte padronali e alla complicità dei sindacati di comodo, per dire che la nostra piattaforma la porteremo avanti comunque in tutti i posti di lavoro.
Le assemblee riunitesi il 3 marzo a Treviso, Padova, Verona, Milano, Genova, Torino, Piacenza, Bologna , Roma, Vicenza, danno mandato al costituendo “Comitato di Sciopero Unitario” che si riunirà nella giornata di sabato 9 marzo per programmare i dettagli dello sciopero del 22 marzo e di altre iniziative che si potranno promuovere per arrivare al 22/3.
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Per la prima volta in Italia si arrivava a bloccare buona parte della logistica in Italia con blocchi dei cancelli e della circolazione su una piattaforma molto semplice ma che metteva in discussione la struttura portante del modello di sfruttamento in essere soprattutto per i facchini.
l’integrazione per malattia ed infortunio al 100%,
gli istituti contrattuali pagati al 100 % a prescindere dalle ore lavorate,
l’eliminazione del 6° livello J ed il passaggio automatico al 5° e al 4°,l’erogazione di un ticket restaurant per tutti,
la possibilità di scegliere tra l’essere soci o lavoratori dipendenti e in ogni caso l’equiparazione della figura del socio lavoratore a quella del lavoratore subordinato
la garanzia di passaggio di tutti i lavoratori nei cambi di appalto
il riconoscimento di pieni diritti sindacali
Da quella assemblea e da quello sciopero nazionale possiamo dire orgogliosamente che siamo riusciti a trasformare un settore dove, grazie alla furbizia e alla sete di profitto dei padroni e alla complicità dei sindacati confederali, nel paese era stata reintrodotta legalmente la formalizzazione dell’uso schiavistico della forza lavoro. Dall’inizio del 2000 nascevano consorzi e cooperative come funghi, per lo più emanazione diretta dei grandi colossi del trasporto merci e della logistica (TNT, GLS, BRT, SDA, DHL, FERCAM, UPS e poi tutto il mondo della Grande Distribuzione, i grandi marchi dal PAM, DESPAR, ACQUA E SAPONE, LEGACOOP, ECC) i quali avevano capito le potenzialità enormi dell’assunzione di decine di migliaia di lavoratori, per lo più stranieri, che venivano assunti come soci lavoratori e quindi, soggetti ad una normativa speciale che li privava dei minimi diritti fondamentali di un rapporto di lavoro subordinato. Il socio lavoratore, non solo doveva versare mensilmente una quota sociale, che arrivava spesso anche a cifre importanti all’anno, dell’ordine anche di 1000/2000 €, ma doveva anche accettare una paga conglobata, comprensiva degli istituti contrattuali, pagati in base alle ore lavorate. Sì perché, anche se il contratto era a full time, in realtà il socio lavoratore, lavorava su chiamata, e per un numero di ore che variavano da giorno a giorno. In certe giornate poteva lavorare 4/5 ore e in altre 13/15 ore. Non solo , ma buona parte della retribuzione, in particolare il lavoro straordinario, ma non solo, veniva pagata con la voce “trasferta”, il che voleva dire che il padrone non pagava né contributi né tasse su quella voce. Per i padroni si trattava della manna piovuta dal cielo, poter usare la forza lavoro con una flessibilità assoluta e pagarla abbondantemente al di sotto della retribuzione contrattuale. Malattia e infortunio, per il socio lavoratore venivano pagati dall’Inps dal quarto giorno e solo al 50 %. Questo voleva dire che era vietato ammalarsi. Poiché la stragrande maggioranza dei lavoratori era straniera, i pescecani della “cooperazione” spiegavano ai lavoratori che, a prescindere da come venivano riportate le varie voci nella busta paga, quello che contava era il netto. Altra grande opportunità di fare soldi a palate era quella dei cambi appalto. Non essendoci alcun obbligo di assumere tutti i lavoratori presenti in un determinato appalto, non solo molti lavoratori potevano venire lasciati a casa, magari soprattutto quelli più rompicoglioni, ma con il cambio veniva azzerato tutto, dal TFR, agli scatti di anzianità e si ripartiva, anche dopo qualche anno di lavoro, sempre da zero. In più, visto che le cooperative erano per lo più intestate come responsabilità legale a delle “teste di legno” si poteva tranquillamente evadere fisco e contributi. Quanti lavoratori si sono trovati senza senza i contributi versati anche per anni di lavoro. Poi c’erano anche cooperative che applicavano contratti con retribuzioni inferiori anche del 30 % rispetto ai contratti firmati da CGIL CISL e UIL. Con le prime lotte, il paradosso che abbiamo vissuto è quello che siamo stati noi a chiedere che venisse almeno applicato il contratto nazionale, perché, sotto gli occhi dei sindacalisti della triplice, nemmeno quello veniva applicato.
Dopo una serie di scioperi nazionali e di filiera, si arrivava a costringere Fedit, che raggruppava i principali corrieri del trasporto, a sedersi ad un tavolo in presenza dei loro associati (BRT, TNT, GLS e SDA) per arrivare a definire già nel 2015 un primo accordo che dava il via alla cancellazione di buona parte di quegli aspetti che di sfruttamento che avevamo denunciato. Si arrivava così ad imporre che l’orario di lavoro venisse effettivamente rispettato ( se un lavoratore aveva un full time, doveva lavorare 168 ore mensili), che gli istituti contrattuali (13sima, 14sima, ferie, Tfr, permessi ex festività) venissero sempre riconosciuti al 100 %, che malattia e infortunio gradualmente arrivasse ad essere pagata al 100 % compresi i primi tre giorni, che in caso di cambio di appalto tutti i lavoratori avessero il diritto di passare alle medesime condizioni contrattuali e retributive, mantenendo l’anzianità maturata (introduzione della cosiddetta clausola sociale), e come aspetto assolutamente migliorativo del CCNL che i passaggi di livello, dal 6° J al 6° S. dal 6° S al 5, dal 5° al 4° J e dal 4° J al 4°, (era automatico solo quello dal 6° J al 6° S dopo 30 mesi) divenissero automatici, legati all’anzianità fino al 4° livello. Altra importante conquista è stata quella del riconoscimento pieno dei diritti sindacali. Successivamente in altri accordi sottoscritti sempre direttamente con le committenze siamo riusciti ad introdurre premi di risultato che di fatto sono diventati una sorta di 15sima mensilità e l’introduzione di altri 2 giorni di permesso in aggiunta a quelli esistenti. In altre parole siamo riusciti a stravolgere interamente il contratto nazionale introducendo elementi innovativi che hanno portato a miglioramenti contrattuali e retributivi che hanno cambiato effettivamente la qualità della vita e del lavoro per decine di migliaia di lavoratori del personale non viaggiante (facchini) ma successivamente anche del personale viaggiante.
In questi dieci anni sicuramente il mondo del trasporto merci e della logistica è profondamente cambiato, grazie alle lotte, ma anche il fronte padronale si è organizzato e ha iniziato a mettere in atto una serie di contromisure, sia sul piano repressivo, con uso massiccio delle denunce e della polizia contro gli scioperi, (cariche e arresti) apertura di inchieste – già in parte naufragate – con accuse pesantissime per associazione a delinquere e la scelta, sempre usando i sindacati confederali, di iniziare un percorso di internalizzazione per farci fuori. In questa direzione è andata la scelta di Fedex/Tnt, a partire dalla chiusura del magazzino di Piacenza e la decisione di internalizzazione negli Hub principali (Padova, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Torino, Napoli) con l’obiettivo praticato di privare le nostre OO.SS. dei diritti sindacali.
A fronte di tutto questo oggi stiamo vivendo una situazione che vede, da una parte la Magistratura intervenire su parte delle truffe realizzate dalle varie consorterie cooperativistiche, nei confronti di alcuni degli operatori del trasporto merci (BRT, Geodis, GLS) con sequestro di oltre cento milioni di € e dall’altra un arretramento da parte di Fedit nel rapporto con le nostre OO.SS., che si è tradotto nella comunicazione ufficiale che le loro associate, non sono più disponibili a sottoscrivere accordi direttamente con noi.
PROSPETTIVE DELL’OGGI
A fronte del quadro che abbiamo descritto sui cambiamenti profondi intervenuti nel mondo della logistica, è necessario oggi ripensare ad una strategia che tenga insieme le questioni più generali, in primis l’impressionante perdita del potere d’acquisto dei salari, con la necessità di indicare un percorso che porti al superamento del modello organizzativo ancora prevalente, quello degli appalti, per arrivare a definire un percorso, frutto di trattative e non di imposizioni (vedi la vicenda Fedex), che segni una cesura netta con il passato, salvaguardando tutte le conquiste ottenute.
Per quanto riguarda il salario è necessario aprire una stagione di lotte che punti al recupero di quanto è stato perso nel corso di questo ultimo anno e mezzo e stiamo parlando ormai di circa 3000 € rosicchiati dall’inflazione, intervenendo in vario modo sulla richiesta di aumenti salariali, dai premi di risultato, agli scatti di anzianità, all’introduzione di superminimi, ecc.
Per quanto riguarda il modello organizzativo, è evidente che dobbiamo arrivare quanto prima, soprattutto con le aziende rappresentate da Fedit, ad aprire un confronto diretto che possa indicare certezze sulle prospettive future.
Su tutti questi punti, riteniamo di fondamentale importanza, a dieci anni di distanza dal primo sciopero nazionale della logistica, ripartire dall’apertura di un dibattito ad ampio raggio che coinvolga tutti i magazzini per concordare una linea ci azione comune per una nuova stagione di lotta che sappia imporre miglioramenti sul piano generale e su quello del settore.
Per questi motivi proponiamo la convocazione di una giornata di assemblee cittadine o regionali da tenersi il giorno 27 marzo collegate in video conferenza per decidere assieme un nuovo percorso di lotta.