A fine Giugno con una comunicazione dell’UniMoRe scoppiava il caso nazionale delle laureate L-19 in “Scienze dell’Educazione” che rischiavano l’invalidazione del proprio titolo e l’esclusione dal lavoro nelle scuole e nidi d’infanzia, a causa del mancato adeguamento di moltissimi atenei al DM 378 del 2017.
Da Reggio Emilia, un’intensa mobilitazione di ADL Cobas insieme con il Comitato Difesa Professionale Educatrici ha costretto il Governo a porre rimedio immediato a questa ingiustizia

Il 23 luglio 2025 è stato approvato al Senato l’emendamento presentato dalla Ministra dell’Università Bernini, che passerà ora alla discussione e al voto della Camera dei Deputati, previsto per lunedì 28 luglio 2025. L’emendamento introduce una sanatoria per le educatrici immatricolate entro il 2019, restituendo loro la possibilità di partecipare ai bandi comunali per i nidi e le scuole dell’infanzia, oppure di continuare a lavorare nei servizi 0-6 anni, come fanno da anni.
La concretizzazione di questa sanatoria permetterebbe a circa 40.000 educatrici a livello nazionale di riottenere il proprio diritto a lavorare, dopo essersi ritrovate – a distanza di 3-4 anni dalla laurea – con il rischio di perdere il posto o dover ripetere un anno accademico, sostenendo costi economici e di tempo a proprio carico.
Come ADL Cobas riteniamo che la mobilitazione intrapresa a partire dall’assemblea del 3 luglio – alla quale hanno partecipato centianaia di educatrici pensando al solo territorio di Reggio Emilia (da dove è partito il caso) – sia stata fondamentale e determinante. In quell’occasione, abbiamo proposto un intervento sindacale inusuale, non basato sulla delega, ma sulla partecipazione diretta delle lavoratrici, con la costituzione di un Comitato che, insieme al sindacato, ha intrapreso un percorso su diversi livelli di intervento.
I livelli di intervento hanno previsto un confronto con l’Università, con le Istituzioni, tra cui l’Assessora ai Nidi di Reggio Emilia e l’Assessora al Welfare della Regione Emilia-Romagna, ed un piano di mobilitazione pubblica per informare anche le educatrici di altre città, spesso inconsapevoli della gravità della situazione.
Al contrario di enti, tra cui Università e ANCI, cche erano già da tempi a conoscenza del problema e si erano attivati per chiedere una soluzione, ma ciononostante una precedente richiesta di sanatoria era rimasta ferma in Senato da quattro anni. Tanto che fino a ieri l’unica alternativa sembrava essere quella di ripagare il corso di studio per far valere il proprio titolo, come già promosso da varie Università tramite l’istituzione di corsi appositi, un’ipotesi ingiusta e impraticabile per la stragrande maggioranza delle lavoratrici coinvolte, a causa di vincoli personali, familiari, economici e logistici, trattandosi di educatrici che lavorano da anni all’interno dei servizi, anche in città lontane dal proprio ex Ateneo.
Solo quando si è dato un percorso di organizzazione collettiva, però, le cose si sono mossi realmente nella giusta direzione. L’attivazione del Comitato inoltre ha permesso di raccogliere le tante sfaccettature dell’invalidazione del titolo: educatrici che lavorano per cooperative o scuole private, a tempo determinato o indeterminato; chi era precaria nei bandi comunali; chi voleva cambiare Comune di lavoro; chi era fuori sede, magari con figli, e sarebbe stata esclusa da qualsiasi percorso di recupero universitario.
Questo lavoro collettivo ha reso possibile unificare le richieste, evitando la frammentazione in base alle situazioni personali, e ha portato a un confronto costruttivo con ogni interlocutore istituzionale, secondo le rispettive competenze e possibilità amministrative. L’obiettivo era agire, anche a livello locale, con Università, Comune di Reggio Emilia e Regione Emilia-Romagna, nel caso in cui la sanatoria nazionale non arrivasse in tempi utili, per difendere i posti di lavoro, garantire l’accesso ai bandi e assicurare il servizio alle famiglie.
Chiaramente il contesto ha favorito l’evolversi della vertenza: secondo l’ANCI, il settore soffre già di una carenza nazionale di circa 45.000 educatrici. L’invalidazione dei titoli rischiava di escluderne altre 40.000, compromettendo ulteriormente un servizio essenziale come nidi e scuole dell’infanzia, con gravi ricadute sulle famiglie e un aumento delle spese, già pesanti in un contesto di crisi economica.
Attendiamo ora con impazienza il voto alla Camera e vigileremo affinché nessuna educatrice venga esclusa dalla sanatoria. Consci che il settore 0-6, anche senza questa ulteriore ingiustizia, presenta problemi strutturali cronici: è un settore composto quasi esclusivamente da lavoratrici con salari bassi e alta precarietà, sempre sottoposto al costante rischio di riduzione di spesa e tagli alle risorse.
In Emilia-Romagna, inoltre, si sta assistendo a una progressiva esternalizzazione dei servizi, partendo da singole sezioni per estendersi ad intere strutture, con conseguenze negative sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei servizi offerti.
Come ADL Cobas, siamo consapevoli del grande lavoro che resta da fare, anche se la sanatoria dovesse porre rimedio all’ingiustizia emersa. Questa vertenza insegna ancora una volta che il coinvolgimento diretto delle lavoratrici, nonostante le difficoltà, ha la potenzialità di risolvere una questione rimasta in sospeso per anni e ha dimostrato che l’organizzazione e la partecipazione collettiva possono davvero fare la differenza.