Dall’8 al 12 Settembre, in concomitanza con il Festival del cinema di Venezia si terrà il secondo “Climate Camp” che lo scorso anno ha visto la partecipazione di moltissime realtà a livello italiano ed europeo, in una città che è l’emblema di molti dei fattori che caratterizzano i movimenti moltitudinari che attraversano il mondo intero. Dalle grandi navi, al Mose, alla città trasformata in museo, all’industria chimica che ha devastato un territorio: tutti temi che interrogano tutti noi su quali risposte mettere in campo a partire dalle questioni del reddito e dello sfruttamento. E’ dunque su questi due ultimi due temi che le compagne e i compagni che stanno organizzando il “Climate Camp 2020” ci hanno chiesto come Adl Cobas di costruire un momento di assemblea nella giornata dell’undici settembre che affronti queste problematiche.
Risulta a tutti evidente che la questione climatica diventa giorno dopo giorno sempre più drammatica ed è stata sicuramente tra i fattori che hanno scatenato la pandemia da Covid 19. La pandemia è l’ultimo frutto avvelenato di un sistema che si sorregge sullo sfruttamento e la depredazione dei beni comuni, della natura, delle nostre vite, con una voracità che è al di fuori di qualsiasi controllo: per il capitalismo, sia esso “finanziario”, “produttivo” o comunque un inestricabile intreccio tra questi aspetti, non esiste altra legge al di fuori di quella del profitto.
I movimenti per la giustizia climatica ci hanno mostrato come le forze selvagge del capitale mettono a rischio il nostro pianeta, la nostra stessa vita. Quelle forze esercitano uno sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e sui nostri corpi attraverso il lavoro, sia esso retribuito o (sempre più) non retribuito e sfruttato.
Grazie ai movimenti ed alle lotte per la giustizia climatica abbiamo realizzato che non c’è un “fuori” dalla crisi ambientale, che riguarda il sistema nella sua globalità; ed allo stesso tempo abbiamo realizzato che la lotta per la giustizia climatica pone il problema, in modo radicale, della lotta a tutte le forme di sfruttamento capitalistico.
Lo scenario che abbiamo di fronte e che si aggraverà ancora di più nei prossimi mesi, lungi dal prospettare una rimessa in discussione del sistema, sarà invece un peggioramento delle condizioni della vita materiale di milioni di persone.
Non possiamo pensare che ci sarà una, per quanto traballante, “continuità”, dobbiamo essere consapevoli che le conseguenze saranno pesanti e verranno scaricate sui più deboli: per questo dobbiamo rimettere al centro la questione del reddito intesa come base materiale che ci garantisce la vita, la sua qualità, la riproduzione sociale.
Per questo per noi il reddito non può essere solo un tema al centro di un dibattito accademico o uno slogan: per noi il reddito è una questione concreta e materiale.
Le lotte per il reddito quindi, che partono dai bisogni materiali, non sono forme di rivendicazione di categoria, meramente economiche, fatte di trattative estenuanti, tecnicismi, insomma tutto il portato del sindacalismo concertativo e istituzionale.
Le lotte per il reddito devono diventare, come ci insegna il movimento di Black Lives Matter, un movimento globale, che abbraccia i desideri delle comunità e mette al centro della nostra vita un altro sistema di rapporti sociali, in cui innanzitutto c’è il rifiuto verso l’estrazione del profitto dai nostri corpi, in cui non è accettabile che si estragga profitto da bisogni come l’abitazione, la formazione, la cura, la sanità, le relazioni sociali: per noi il reddito è la traduzione di quello che i movimenti e le comunità native chiamano il “buen vivir”. Con un vecchio adagio possiamo dire che è il pane, ma anche e soprattutto le rose.
In questi anni come ADL COBAS abbiamo cercato di promuovere le lotte e l’autorganizzazione di lavoratori e lavoratrici, con esperienze molto significative e conflittuali soprattutto nella Logistica, ma anche in altri settori lavorativi.
Queste lotte hanno segnato l’emergere di nuovi settori di lavoratori e lavoratrici, soprattutto migranti, disponibili a lottare contro lo sfruttamento selvaggio a cui sono state sottoposte e indisponibili a sottomettere i loro corpi come meri strumenti per l’accumulazione di ricchezze da parte di pochi.
Riteniamo che le lotte di cui siamo stati protagonisti negli ultimi anni abbiano segnato una novità, una discontinuità con la litania sindacale secondo cui le lotte di lavoratori e lavoratrici sono solo questioni settoriali, di categoria, troppo spesso relegate ad un ruolo secondario, quasi come se fossero retaggi novecenteschi, oppure mere rivendicazioni economiche.
Noi sappiamo che non è così: nelle lotte della working class (soprattutto migrante) nei magazzini della logistica, nelle pulizie, ecc. abbiamo visto la voglia di conquistare reddito e diritti, precisamente per sottrarsi il più possibile ai meccanismi dello sfruttamento, per poter vivere meglio e lavorare di meno.
Durante la pandemia abbiamo anche visto l’insorgere di lotte di figure sociali nuove, come quella dei lavoratori e lavoratrici dello spettacolo, che stanno ribaltando la loro condanna alla fame ed alla precarietà, che si stanno anche organizzando in forme nuove, oltre le stesse sigle sindacali di base che li sostengono.
Abbiamo visto lavoratori e lavoratrici del sociale, come chi lavora in assistenza nelle scuole, nei servizi domiciliari o nelle RSA andare a richiedere a quelle stesse Istituzioni come Regioni e Comuni sicurezza sul lavoro e riconoscibilità dell’importanza del lavoro educativo e assistenziale portato avanti durante la pandemia.
E proprio durante la pandemia abbiamo visto moltissimi scioperi spontanei ed autorganizzati per rifiutare l’obbligo al lavoro durante la pandemia stessa, per spezzare quel ricatto, ben conosciuto all’Ilva, nelle fabbriche di morte ed in quelle che esplodono come di recente a Marghera, tra rischiare la morte lavorando, oppure rischiare la fame restando a casa.
Riteniamo quindi che sia il momento di rompere, una volta per tutte, il ritornello (tanto amato dai sindacati e dalla “sinistra”) che i lavoratori devono “tifare” per il Capitale, perché solo se il profitto prospera uno può lavorare e avere il reddito; solo parteggiando per il Capitale le vertenze economiche possono avere successo. Dobbiamo rompere la narrazione capitalista secondo cui i lavoratori sono sempre contrapposti agli attivisti climatici: dobbiamo rifiutare quel ricatto, perché il sistema che sfrutta chi è messo al lavoro è lo stesso che devasta il pianeta.
In realtà la contraddizione alla base del sistema capitalista è quella che contrappone reddito a vita. Tutti (o almeno il 99% della popolazione) ad un certo punto della nostra vita si trovano di fronte al bivio: essere esclusi oppure offrirsi in pasto al dio capitalismo e vendere la propria vita (il tempo, la libertà, la salute) in cambio di un reddito.
Per questo saremo presenti al Climate Camp 2020 che si terrà al Cs Rivolta, ed invitiamo tutte le realtà di base, territoriali, conflittuali che lottano nel mondo del lavoro e del non lavoro, ad essere presenti con noi.
In particolare nella giornata di venerdì 11 settembre vorremmo confrontarci con attivisti e attiviste di tutti i movimenti di lotta, per la giustizia climatica, contro il razzismo, le discriminazioni di genere, ecc. perché riteniamo che solo un vero confronto ed uno scambio di punti di vista e proposte, possa essere alla base della costruzione di un movimento più complessivo che, nel prossimo autunno, possa partire “dal basso” e vada all’attacco per la riappropriazione del reddito, del tempo, dei servizi, di tutto quello che ci spetta.
Vuole anche essere un momento di confronto tra tutte quelle realtà che si occupano di lavoro, di precarietà, di sfruttamento che pensano che, in rapporto ai processi di frammentazione della classe e di accelerazione della devastazione sociale a cui stiamo già assistendo, ma di cui vediamo al momento solo la punta di un immenso iceberg , vi è la necessità di ripensare alle forme di organizzazione della galassia del lavoro adeguandole alle necessità e rompendo con schemi obsoleti che caratterizzano sia il sindacato confederale ma anche buona parte di quello che va sotto il nome di “sindacalismo di base”.
E’ tempo di aprire a 360 gradi e possibilmente in un quadro almeno europeo il confronto tra chi ha voglia di sporcarsi le mani con la dura realtà delle infinite forme di sfruttamento con lo spirito di chi sa di avere di fronte a sé una sterminata prateria, ma sa anche che se non si è in grado di dotarsi di strumenti adeguati per intraprendere il viaggio, difficilmente potrà arrivare a destinazione.
L’assemblea del giorno 11 si svolgerà alle ore 14,30
ADL COBAS
ENGLISH VERSION
A CALL BY ADL COBAS TO BUILD A BROAD DISCUSSION WITHIN CLIMATE CAMP 2020 ON THE NEED TO FACE AN AUTUMN OF STRUGGLE STARTING FROM THE CENTRAL THEME OF THE RIGHT TO AN INCOME
From 8 to 12 September, at the same time as Venice Film Festival, the second Climate Camp will take place. Last year, Climate Camp was attended by many organisations and activists from Italy and the rest of Europe, in a city which symbolises many factors that are crucial to social movements across the world. Large cruise ships, the MOSE dam system against rising sea levels, the transformation of a city into a museum, and a petrochemical industry that devastated the surrounding territory are all part of questions that interrogate us all about the adequate responses, starting from the themes of exploitation and income. The comrades organising Climate Camp 2020 asked ADL Cobas to build an assembly on the two latter themes on 11 September.
It is self-evident that climate change is worsening day by day and that environmental degradation was a determining factor in the outbreak of the COVID-19 pandemic. The pandemic is the latest catastrophe caused by a system built on exploitation and on the appropriation of the commons, nature, and our lives, with a voracity that is utterly out of control. To capitalism, whatever its variety, there is no law other than the profit drive. The movements for climate justice showed us again how the ferocious forces of capital are endangering our planet and our very lives. Thanks to the struggles for climate justice we have realised that there is no “outside” of the climate crisis, it concerns the system in its entirety. We have also seen that the struggle for climate justice radically poses the problem of how to struggle against all forms of capitalist exploitation.
The situation will further deteriorate in the coming months. System change will not be put on the table and we will rather see the worsening of the material conditions of life for millions of people. We cannot assume that there will be a, however shaky, “continuity”, we need to be aware that the crisis will produce severe consequences, which will be offloaded on the shoulders of the weakest. This is why we must bring back the demand for the right to an income, which we understand as the material basis for the reproduction of a dignified life.
To us, the right to an income is not just a topic for academic quarrels or a mere slogan: it is a concrete and material question. The struggles for access to an income start from material needs, they are not sectorial demands, they are not merely economic, they are not technicalities to be endlessly bargained over, in sum, they take us beyond the grids of compromising and institutionalised trade unionism.
Struggles for access to an income must become, as Black Lives Matter teaches us, a global movement encompassing the desires expressed by grassroot communities, putting to the centre of our lives a different system of social relations, in which exploitation is negated together with the extraction of profit from needs such as housing, education, health care, and sociality. To us, the right to an income is the translation of what indigenous movements and communities call “buen vivir”. As an old saying goes, it is the bread, but especially the roses.
Over the years, ADL Cobas tried to promote working-class militancy and self-organisation, with high-profile struggles especially in the logistics sector and important experiences in other sectors. These struggles have seen new categories of workers, particularly migrant ones, joining the fight against the wild exploitation they had to face and refusing to lend their bodies as mere tools for the accumulation of value in the hands of a few. We hold that the struggles in which we have been protagonists in the last years were a novelty and a discontinuity in regard to the trade union litany according to which workers’ struggles must touch sectorial issues only or must take a secondary role as if they were residues from the 20th century or mere economic grievances. We know this is not the case. In fact, these working-class struggles (especially by migrant workers), in the logistics warehouses, in the cleaning firms, etc. we have seen a real determination to conquer income and rights precisely to withdraw as much as possible from exploitation, to live better and work less.
During the pandemic we have also seen the rise of social figures such as the entertainment workers, who are challenging their poor and precarious conditions and are experimenting new organisational forms, even beyond the rank-and-file unions that are supporting them. We have seen social workers, such as school assistants or caregivers, demanding to the regional and local institutions job security and the recognition of the importance of their work, particularly during the pandemic. And precisely in the conditions engendered by the pandemic we have seen a very large number of spontaneous and self-organised strikes to refuse the obligation to work during a health emergency, to reject the blackmail that forces workers to risk their lives on the job or go hungry staying home, a phenomenon well known for example in Taranto’s death factories and emerged again with Porto Marghera’s recent chemical explosion.
We thus believe that it is necessary to ditch once and for all the refrain (so loved by the “leftist” unions) that the workers need to “cheer” for capital because only if profits prosper it is possible to create jobs and thus access to an income, that only by siding with capital economic demands can be met. We need to break with the capitalist narrative according to which the workers are always opposed to environmentalist activists, we must refuse this blackmail, because the system that exploits the workers is the very same that is destroying the planet. The reality is that the basic contradiction of capitalism is the opposition between income and life. Almost everybody at some point in life needs to choose between being marginalised or offering her/his labour power to the God of Capital, selling her/his life (time, freedom, health) in exchange for an income.
Because of all this, we will participate to Climate Camp 2020 in Venice Lido and we invite all grassroots, community, and antagonistic organisations and groups struggling within and outside the workplace to be there with us. More specifically, on Friday 11 September we would like to discuss with activists from all fields of the struggle (climate justice, anti-racism, feminism, etc.) because we believe that only a real debate and exchange of perspectives can lead to the construction of a more holistic movement able to mobilise next autumn, from below, an offensive for the appropriation of income, time, services, and everything that is necessary for a dignified life.
We plan this to be a discussion with all those organisations that deal with workplace struggles, exploitation, and precarity and think that – in the face of the current processes of class fragmentation and accelerated social devastation, of which we can now see the tip of the iceberg only – it is necessary to rethink labour-related organisational forms to move beyond the obsolete shells that are typical of institutionalised trade unionism but also affect so-called “rank-and-file unionism”.
It is time to open a debate on all fronts, possibly on a Europe-wide level at least, with those who want to get their hands dirty with the hard reality of the innumerable forms of today’s exploitation, knowing that we are facing an immense field and we need adequate tools to travel to our destination.
The General Assembly of the 11th will be at 02.30 pm
ADL COBAS
ADESIONI:
Comitato popolare lasciateci respirare Monselice
Clap
Calp Genova
Camera del non lavoro Milano
Laboratorio Autogestito Paratodos Verona
Associazione Equilibrio Precario Verona
Sial Cobas
Comitato No Grandi Navi Venezia
Casa delle Donne di Alessandria
NUDM Treviso
Coordinamento Reddito Marche