Giovedì 5 settembre siamo stati auditi dalla IV commissione consiliare della regione Veneto che sta acquisendo informazioni, dati, esperienze e proposte sul fenomeno del caporalato.
Un riconoscimento dell’importante ruolo che negli ultimi anni abbiamo avuto nella denuncia ed emersione di sistemi di intermediazione illecita di manodopera e grave sfruttamento lavorativo.
A partire dai casi che abbiamo affrontato in questi anni – Magazzino Gottardo/Acqua&Sapone (2017) Azienda agricola Tresoldi (2018), Grafica Veneta (luglio 2021), Sistema Taru (agosto 2022), Maap (novembre 2023) abbiamo cercato di fa capire ai consiglieri che un intervento efficace passa per il superamento della retorica semplicistica delle vittime e dei carnefici, perché il caporalato è fenomeno complesso e contraddittorio in cui convivono forme sia di coercizione sia di consenso, e dove la violenza, che si manifesta nelle fasi di messa in discussione del sistema o di denuncia, assume dimensioni molto diverse e il consenso è legato a condizioni materiali delle persone e opportunità sistemiche.
Come sindacato abbiamo evidenziato innanzitutto come questi regimi di controllo del lavoro siano un fenomeno moderno e non arcaico in quanto connessi alle trasformazione dell’economia globale, delle filiere produttive e dell’organizzazione aziendale, e sono alimentati dalle politiche di chiusura (formale) delle frontiere, dalle politiche del lavoro e dal taglio del welfare. Abbiamo poi illustrato i limiti dell’efficacia, sul piano della tutela dei lavoratori, della pur importantissima L. 199 del 2016. Tempi lunghi per arrivare a sentenza e per l’operatività del controllo giudiziario; problemi di coordinamento tra procedimenti penali e civili; assenza di un fondo a tutela della continuità di reddito dei lavorativi sono criticità che non aiutano i lavoratori e le lavoratrici a denunciare, perché l’arresto del caporale e/o dell’imprenditore di turno, non risolve, anzi spesso aggrava la condizione materiale di queste persone. Lo abbiamo visto in molte delle vicende in cui siamo stati coinvolti: i lavoratori che hanno denunciato, a seguito di misure cautelari o altri interventi della magistratura si sono trovati senza un posto di lavoro (perché i committenti, reagiscono regolarmente dando disdetta dell’appalto), senza stipendio e accesso ad ammortizzatori sociali per molti mesi. Una situazione di grave impoverimento con conseguenti problemi a pagare affitti, utenze, finanziamenti e a garantire rimesse o debiti per il viaggio.
Alla Regione Veneto, pur nel consapevolezza delle limitate possibilità di incidere sui fattori strutturali che favoriscono l’intermediazione illecita e il grave sfruttamento, abbiamo proposto alcune azioni nelle sfere della tutela dei lavoratori coinvolti, della vigilanza/contrasto, e della prevenzione. In particolare abbiamo chiesto di creare un’unità di crisi stabile per affrontare con efficacia e tempestività gli effetti della denuncia e degli interventi giudiziari, nonché di istituire un fondo di solidarietà per le vittime per garantire continuità di reddito; di monitorare i potenziali bacini di reclutamento di lavoratori e lavoratrici in stato di bisogno – come i CAS – e l’utilizzo dei dati a disposizione di Veneto Lavoro per vigilare su concentrazioni di lavoratori con stessa nazionalità o con permessi di soggiorno per protezione internazionale; il finanziamento di progetti di informazione ed formazione delle potenziali vittime.
Abbiamo già detto che siamo consapevoli dei limiti istituzionali della Regione, ma siamo altrettanto sicuri che ci fosse la volontà politica di intervenire su questi fenomeni di grave sfruttamento, molto si potrebbe fare. Attendiamo quindi l’esito di queste consultazioni e le proposte della Commissione: nel frattempo continueremo nella nostra opera quotidiana di contrasto di ogni forma di sfruttamento e di sostegno concreto a tutti i lavoratori e le lavoratrici che decideranno di intraprendere percorsi di emersione.