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ADL Cobas > Blog > Privato > Lavoro Povero > L’8 Marzo noi SCIOPERIAMO
Associazione Diritti LavoratoriLavoro DomesticoLavoro Povero

L’8 Marzo noi SCIOPERIAMO

adlcobas
di adlcobas Pubblicato 30 Gennaio 2019 1.4k Visualizzazioni 9 minuti di lettura
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9 minuti di lettura
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ADL COBAS E SI COBAS proclamano lo sciopero generale per l’8 marzo accogliendo l’invito del movimento globale delle donne e dell’assemblea nazionale di NON UNA DI MENO di fare della storica data per i diritti delle donne non una commemorazione ma una giornata di lotta vera.
Dall’Argentina al Chiapas, dal Bangladesh all’India, dagli Stati Uniti al Brasile, dalla Palestina al Marocco, l’iniziativa di lotta delle donne sta conoscendo e caratterizzando una nuova fase di conflitto internazionale, anche in virtù del fatto che le lavoratrici ormai rappresentano quasi il 50 % della forza lavoro mondiale direttamente impiegata in lavori extra-domestici. Uno su tutti il forte movimento di rivolta delle donne del Bangladesh che producono per le filiere di H&M, Walmart, Carrefour, Tesco e Aldi per un salario di 83,00 € al mese.
L’otto marzo, data storica della lotta del movimento operaio internazionale, incroceremo le braccia, perché respingiamo l’intero impianto della società patriarcale che si fonda sulla prevaricazione, sia nei rapporti sociali, che nei rapporti familiari, che nei luoghi di lavoro dove si perfeziona la sovrapposizione di più livelli di sfruttamento.
Parliamo di sovrapposizione perché un elemento è evidente: man mano che ci si cala dagli strati più benestanti a quelli meno abbienti del nostro tessuto sociale, si fa più acuta la discriminazione. Gli strumenti per mantenere le lavoratrici in una condizione di oggettiva inferiorità sono talmente ben rodati che appaiono come la normalità.
Si pensi alla disparità salariale che limita la libertà economica delle lavoratrici. Si pensi all’enorme divario tra il congedo di maternità e il congedo di paternità che sancisce di fatto l’accudimento della prole come un obbligo di pertinenza delle madri. Si pensi alle migliaia di bambine e donne immigrate che vengono assoldate nella tratta della prostituzione e che per ripagare i debiti delle proprie famiglie diventano da un lato merce di scambio, dall’altro lato appagano le storture maschiliste più malate della società, e gli esempi sarebbero ancora molti.
In questa cornice, nel clima attuale di repressione delle lotte e delle libertà collettive e individuali, il “governo del cambiamento” riesce a portare a segno un colpo bassissimo con il decreto Pillon, che andrà a caricare di ulteriori difficoltà la quotidianità di centinaia di migliaia di donne, perchè si inserisce in un contesto dove non solo è completamente inesistente il welfare, ma anche dove il lavoro domestico svolto dalle donne è considerato un non-lavoro e non una occupazione vera e propria che lo stato dovrebbe salariale.
Nessuno di questi problemi potrà essere risolto se non attraverso la lotta. Sono proprio le nostre compagne che, come accade davanti ai cancelli di Italpizza, nelle piazze letteralmente assediate dai disoccupati e dalle disoccupate, nelle occupazioni a scopo abitativo dei movimenti per la casa, tutti i giorni, si oppongono in prima linea nella lotta per la autoaffermazione della loro dignità, rendendo la ribellione ai diktat polizieschi un fenomeno che estende la sorellanza e la fratellanza la solidarietà tra lavoratori e lavoratrici, obbliga e consente ai propri compagni e compagne di lavoro e di vita a riconsiderare le loro relazioni, grazie alle pratiche quotidiane di lotta dura e reale per il rispetto dei propri diritti e differenze. La pratica delle lotte costringe a riconsiderare il proprio essere nel mondo ed il rispetto diventa atto dovuto per chi, ponendosi in prima linea, mostra con fierezza la propria volontà di essere soggetti e non oggetti passivi e inermi.
Questa è la dimostrazione più eclatante che solo una prospettiva costruita sul terreno della lotta di classe, che tenga anche conto delle differenze di genere, potrà far emergere una solida e duratura lotta per l’emancipazione e l’autodeterminazione femminile. È per questo che riteniamo fondamentale rendere la giornata dell’otto marzo, nel mondo del lavoro e nella società, una giornata nella quale porre in primo piano, non più soltanto quel tema, pur cruciale, che è il femminicidio e la violenza contro le donne (nel 2018 sono stati 94 i casi donne uccise da uomini, 2977 i casi di violenza sessuale e circa 9000 le denunce di percosse). Ma il nostro compito sarà dapprima riportare al centro il tema fondamentale del diritto ad avere servizi sociali accessibili senza discriminazione di carattere economico, né di provenienza e che garantiscano di crescere i minori a carico in maniera dignitosa in qualunque parte del mondo.
Perché è inaccettabile che possa accadere quel che invece è accaduto nella città di Lodi dove i bambini stranieri erano stati tenuti fuori dalla mensa scolastica a causa di una delibera, voluta dalla sindaca leghista Sara Casanova, che imponeva alle famiglie certificati non richiesti a quelle degli italiani.
Si spendono miliardi in opere inutili o peggio dannose (vedi il MOSE o il tunnel dell’alta velocità della Torino Lione in Valtellina) e nulla i governi che si sono succeduti hanno fatto per incrementare i servizi rivolti a figli di donne lavoratrici come asili nido, materne, dopo scuola, mense, costringendo a limitare il ruolo sociale della donna a madre e disoccupata. Ma l’assurdo che ci troviamo a vivere in molti dei settori dove più forte è la presenza delle donne, specie in quelli pubblici, è che grazie alle varie “spending review”, vengono continuamente tagliate ore di lavoro, dove i contratti sono già a part time, riducendo ulteriormente i salari e la qualità dei servizi. Lo vediamo negli ospedali dove, da una parte si spendono miliardi per costruirne di nuovi con i “project financing” (leggi grande speculazione finanziaria), lasciando vuote ed inutilizzate le vecchie strutture, dall’altra si cerca di stringere sempre di più i tempi per le pulizie. La conseguenza di tutto ciò è che l’igiene diventa solo un problema di costi e il paradosso per le lavoratrici con contratto a part time è che se riduci il part time e vai sotto gli 8000 € perdi anche il “bonus Renzi”.
Per tutti questi motivi l’otto marzo deve essere una occasione per riflettere e lottare tutte/i assieme sui posti di lavoro , nelle scuole e nella società per rivendicare diritti e per contrastare ovunque le politiche neoliberiste che pervadono tutto il sistema del welfare sociale.
Le nostre organizzazioni sindacali si impegnano da qui all’otto marzo ad indire assemblee e dibattiti per costruire una giornata di sciopero vero e mobilitazioni territoriali che auspichiamo si possano intrecciare con le iniziative proposte da “Non Una di Meno”.
Fuori da ogni retorica o tentativo di strumentalizzazione e consapevoli delle difficoltà che una composizione del lavoro a maggioranza maschile che non è immune dalla cultura maschilista ancora troppo radicata nelle nostre società, l’otto marzo per noi sarà un passaggio fondamentale, un punto di non ritorno rispetto ad un percorso che deve vedere sempre più l’intersezione delle lotte per i diritti sul lavoro, con le lotte contro le discriminazioni e la violenza di genere e contro il razzismo.

Argomenti:8marzononunadimeno
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