Nel mese di ottobre abbiamo letto sui quotidiani di Reggio Emilia della disdetta unilaterale del contratto integrativo provinciale riguardante il CCNL Cooperative Sociali da parte di Legacoop e Confcooperative, che ha portato ad un botta e risposta con i sindacati confederali facendo emergere come elementi centrali della questione il ricalcolo dell’ E.R.T. (ad oggi di circa 250 euro annui), e la difficoltà delle associazioni cooperative di essere competitivi nelle gare d’appalto del comune, visto anche che nelle città vicine l’ERT è molto piu’ basso.
Partendo da questi elementi è partito un percorso cittadino, promosso da ADL Cobas e dal Collettivo di Educatori Eduki Reggio, che tramite assemblee cittadine ha focalizzato il vero problema del settore, non riducibile ad una situazione meramente economica seppur centrale, conseguente ad un CCNL non rinnovato da anni, che permette flessibilità al limite dell’umano e con una parte retributiva rispetto chi svolge le stesse mansioni assunto direttamente dalla committenza di almeno 300 euro in meno al mese, ma di una etica del lavoro e del servizio svolto per i cittadini.
Ci ritroviamo infatti con gare d’appalto in ambiti come l’educazione, l’assistenza e l’igiene ambientale con committenza a responsabilità pubblica quali Comune, ASL, e IREN con costanti e continui ribassi, che ricadono immediate sui lavoratori e lavoratrici, costantemente sotto il ricatto di mantenere il posto di lavoro all’interno della cooperativa o rinunciare, da “bravo” socio-lavoratore in l’assemblea dei soci, ad una parte economica del CCNL, come ridurre la tredicesima, l’utilizzo della banca ore in modo selvaggio senza riconoscere le maggiorazioni degli straordinari o ritrovarsi ridotte le ore di lavoro anche se si ha un contratto full time. A questo si aggiunge la costante precarietà, data dal CCNL Cooperative Sociali, nella quale non si garantisce in caso di cambio appalto la continuità lavorativa.
Questi elementi hanno un’immediata ricaduta sui servizi alla persona e alla cittadinanza.
Basti pensare, ad esempio nell’ambito educativo/assistenziale, il rischio del cambio dell’operatore ad ogni cambio appalto, in un contesto in cui la continuità progettuale e di rapporto con l’utenza è elemento principale per potere costruire percorsi di autonomia personale.
Questa vertenza sta portando alla luce anche un altro importante dato: la forma sindacale classica non è più sufficiente per incidere sul miglioramento delle condizioni di lavoro e dei servizi alla città, come ha dimostrato la scarsa partecipazione ai due presidi dei sindacati confederali che si riduceva a poche unità e la volontà di discutere del dito e non della luna. Insufficienza dovuta anche dalla non efficacia delle classiche forme di sciopero, che in questo settore non disturbano assolutamente le cooperative o le committenze ma creano disagio solo a famiglie e utenti. Per questo si è voluto intraprendere la costruzione di un sindacalismo sociale, che tenti di intrecciare lavoratori e utenti, ponendo sullo stesso piano il diritto al lavoro dignitoso con la qualità dei servizi al cittadino, elementi dipendenti l’uno dall’altro.
La frammentazione dei tipi di contratti dell’ultimo decennio, il continuo inserimento di forme di lavoro gratuito e le continue esternalizzazioni dei servizi oltre a ledere continuamente il miglioramento di servizi collettivi, innescano la creazione di corporazioni settoriali che nei peggiori dei casi diventano delle guerre tra poveri, non toccando chi realmente incide su queste politiche. E allora attraverso nuove forme di sciopero, in grado di colpire fin da subito chi crea queste gare d’appalto ed ha una responsabilità pubblica e politica su come vengono proposte, portiamo avanti questa vertenza. Costruendo un dibattito cittadino che connetta lavoratore e lavoratrici, famiglie, cittadinanza e cooperative, ormai rare, che mantengono un’etica primordiale della cooperazione, e quindi allargando la partecipazione e la messa in comune di queste sensibilità si pongono vertenze dal basso a chi determina questi servizi alla cittadinanza e tocca quella vetrina immagine esportata sempre più spesso in tutto il mondo come l’eccellenza dell’educazione Reggiana. Eccellenza che in verità sul territorio concretizza anno per anno una deriva, già conosciuta, dell’utilizzo degli appalti nel mondo privato, come nei magazzini della logistica, che le lotte di questi anni hanno fatto emergere come la parte più buia della cooperazione e come un sistema di appalti selvaggi a vantaggio di forme di economiche che permettono alla mafia di entrare nel tessuto economico e ripulire i proventi di attività illegali.
Da qui si parte, quindi, per portare avanti una vera lotta dal basso che comprende tutte e tutti, lavoratori, lavoratrici e utenti del terzo settore per valorizzare quel bene comune che sempre di più è minacciato dalla logica del massimo ribasso e dalla speculazione.
Adl Cobas e Collettivo Eduki Reggio Emilia