Nella giornata di ieri la FILT – CGIL ha diffuso un comunicato stampa in cui accusa la nostra Organizzazione Sindacale di aver siglato un “accordo capestro” di riduzione del personale nel magazzino Maclog di Tortona e nella giornata odierna ha organizzato uno sciopero con manifestazione davanti ai cancelli.
Prima di entrare nel merito delle calunnie è utile fare un passo indietro di oltre un anno, quando le lavoratrici e i lavoratori del magazzino si iscrissero in massa al nostro sindacato e organizzarono una dura battaglia rispetto alle condizioni che si trovavano a subire. Mesi di ritardo nel pagamento degli stipendi, solo due lavoratori con contratto a tempo indeterminato, livelli di inquadramento errati e per non farsi mancare nulla anche lavoro nero e caporalato. Condizioni indegne contro cui si ingaggiò un corpo a corpo con la società che gestiva l’appalto e con il committente e da cui si uscì vittoriosi.
Nel giro di pochi mesi si ottenne il pagamento degli stipendi arretrati, l’internalizzazione di tutto il personale presso Maclog, società diretta espressione del committente MacSped, trasformazioni a tempo indeterminato di tutto il personale, livelli di inquadramento corretti, l’isolamento all’interno del magazzino di chi pensava fosse normale la pratica del caporalato, corsi di alfabetizzazione in orario lavorativo per chi non parlava l’italiano e un ticket restaurant di 5 Euro per ogni giornata di lavoro. Una battaglia dura fatta a colpi di agitazioni e scioperi e con la partecipazione di quasi la totalità delle lavoratrici e dei lavoratori del magazzino (come si può vedere nella foto allegata all’articolo). Della FILT – CGIL ovviamente neanche l’ombra, troppo impegnata a parlare e mai presente dove c’è da sporcarsi le mani.
Purtroppo da diversi mesi una grave crisi sta colpendo l’azienda con la perdita di numerosi clienti e gli scaffali del magazzino che poco a poco si sono svuotati. Mesi in cui si è discusso quale potesse essere l’uscita dallo stato di crisi e si sono vagliate tutte le strade possibili al fine di trovare la soluzione meno traumatica possibile. Tanto è vero che il numero degli esuberi complessivi è stato ridimensionato e oltre una decina di lavoratori – peraltro iscritti al nostro sindacato – sono usciti dall’azienda su base volontaria con una buona incentivazione all’esodo. Essendo però state le uscite su base volontaria inferiori agli esuberi, l’azienda ha proceduto con l’apertura della procedura di licenziamento collettivo da cui è scaturita, nel pieno rispetto dei criteri stabiliti dalla legge, la lista delle persone che verranno licenziate se non accetteranno di accedere alla buonuscita. Tutti passaggi condivisi e approvati dalle assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori.
Ovviamente della FILT – CGIL nessuna notizia. Mai un’assemblea, un volantinaggio, due parole scambiate con gli operai. Si presentano a giochi fatti e riescono a iscrivere tre lavoratori che mai avevano partecipato alle lotte del magazzino e che sono nella lista delle persone che verranno licenziate. Segue qualche assemblea peraltro disertata dalle lavoratrici e dai lavoratori che sono ancora oggi quasi tutti iscritti al nostro sindacato. Poi il comunicato stampa delirante di ieri e l’iniziativa di sciopero di oggi a cui ha aderito una piccola minoranza dei lavoratori.
L’unica cosa che fa più rabbia del dover affrontare una procedura di licenziamento collettivo è un sindacato come la FILT – CGIL che si comporta esattamente come fanno gli avvoltoi, banchettando su lavoratori che purtroppo si trovano ad affrontare la perdita del posto di lavoro. Capiamo l’odio nei nostri confronti per aver in questi anni spazzato via dai magazzini della logistica la loro organizzazione sindacale accusata dai lavoratori di essere assente, incompetente e sempre pronta a difendere gli interessi delle aziende al posto di quelli delle lavoratrici e dei lavoratori. Odio che però non dovrebbe far perdere la bussola alla FILT – CGIL. Probabilmente non si sono neppure accorti che fra le fila dei loro pochissimi scioperanti c’è chi non ha mai partecipato alle lotte del magazzino e purtroppo anche chi ha lucrato sulle spalle dei colleghi.