Attraverso il meccanismo degli appalti, centinaia di lavoratori a chiamata inquadrati con il CCNL delle pulizie
Da martedì 28 marzo in provincia di Reggio Emilia è iniziata con lo sciopero di oltre 40 facchini una importante vertenza dei facchini che lavorano all’interno dei magazzini Snatt Logistica, la quale appalta il servizio a diverse aziende e cooperative. Tra queste la Pak s.r.l. di Milano, 100 dipendenti tutti assunti a tempo determinato con contratto a chiamata e applicazione del CCNL Pulizie Multiservizi (7€ lordi / ora, meno di 5€ netti) nonostante l’attività di facchinaggio e movimentazione merci.
Selezionati su base etnica – la maggior parte provenienti dal Pakistan e Bangladesh da pochi anni in italia – sfruttando le difficoltà linguistiche e la ricattabilità dei permessi di soggiorno non rinnovabili senza un contratto di lavoro, sono lavoratori “usa e getta” che movimentano merci – dai capi d’abbigliamento alle calzature – per importanti marchi dell’alta moda come ARMANI, Gucci, Ralph Lauren e sportive come ADIDAS, Nike e Reebok, destinate ai maggiori circuiti dell’e-commerce (come Zalando e Amazon) e ai punti vendita tra cui la catena di abbigliamento sportivo Cisalfa.
Salta chiaramente agli occhi in questa vertenza il tema della mancata redistribuzione della ricchezza verso chi la produce: mentre i grandi marchi ricavano centinaia o migliaia di milioni di euro, l’operatore logistico scarica in toto il rischio di impresa sull’ultimo anello della catena e i costi sociali sui territori, con lavoratori sottoposti ad un regime di lavoro povero che non rende sufficiente il salario alle esigenze della vita quotidiana, oltre ad esporlo costantemente al rischio di perdere il lavoro, i documenti e la casa.
Il meccanismo attraverso cui ciò avviene è ancora una volta quello degli appalti e dei subappalti, che frammenta la forza lavoro, la condannda ad essere estremamente fragile e ricattabile e rende molto più semplice oltre che vantaggioso numerose irregolarità contrattuali e normative. Nel caso di SNATT Logistica – tra l’altro tristemente nota nel territorio per un licenziamento di oltre 500 lavoratori avvenuto oltre 10 anni fa – basato su un palese abuso di contratti precari nella forma del contratto a chiamata, applicati non solo fuori dai limiti di età previsti per legge ma praticamente per la totalità della forza lavoro: un sistema quindi totalmente modellato sulle esigenze dei flussi logistici che significa totale precarizzazione del lavoro.
Mentre sul lato salariale vi è un’altrettanto palese irregolarità con l’applicazione del contratto nato per gli addetti alle pulizie utilizzato per una classica attività di logistica, peraltro svolta con mezzi e modalità del tutto inadeguate e che incidono pesantemente sui carichi individuali e sulla salubrità del lavoro. Il risparmio sul costo del lavoro è del 30%, mentre durante la seconda giornata di sciopero è emerso chiaramente anche il sistematico pagamento in nero di una parte del lavoro con versamenti plurimi da più conti correnti della Pak s.r.l. Con cui vengono fatti versamenti per le ore di straordinario non segnalati in busta paga.
Grandi marchi, grandi imprenditori e società multinazionali che non si fanno scrupoli delle condizioni di vita di chi con il proprio lavoro, la propria salute e il proprio tempo generano enormi fatturati e ricchezze, forzando normative sul lavoro possibili anche a causa della carenza del personale degli apparati preposti (Ispettorati del Lavoro, Tribunali, INPS, INAIL) a vigilare e sanzionare chi non rispetta i contratti di lavoro e chi evade le tasse, contando sui lunghi tempi di intervento.
Per questo, perché vi è la possibilità di vivere una vita degna attraverso il proprio lavoro, che i lavoratori sono determinati a proseguire senza paura fino al raggiungimento dei diritti per tutti.