Negli interventi introduttivi emerge come il settore sociale, regolato da gare d’appalto al ribasso, abbia già presentato problemi strutturali prima dell’emergenza sanitaria. Oggi le contraddizioni e i costi di questo sistema si sono amplificati restituendoci una situazione lavorativa degli operatori ancora più precaria e povera oltre che una gestione dei servizi disomogenea.
Si è approfondito il percorso intrapreso dall’inizio dell’emergenza covit19 dal presidio del 3 marzo sotto alla Regione E.R. dove abbiamo richiesto il riconoscimento del 100% del salario e del lavoro in sicurezza, l’apertura di un percorso di internalizzazione dei servizi, la Regione si è limitata ad un ascolto e a riportare ai tavoli governativi le problematiche esposte.
Successivamente dall’uscita del decreto Cura Italia, all’articolo 48 si dava indicazione ai Comuni ed enti gestori di riconoscere alle cooperative e ai lavoratori i soldi già messi a bilancio dei servizi, questo per non pesare ulteriormente sui fondi integrativi salariali utili in un momento di crisi generale ad altri lavoratori. Di fatto ANCI, Comuni e ASL non hanno colto l’indicazione governativa, ostinandosi a tener bloccati questi fondi costringendo i lavoratori ad usufruire dei FIS. Questo comportamento irresponsabile ha creato dumping salariale tra lavoratrici anche della stessa cooperativa, in base ai diversi appalti di Comune in Comune gli veniva somministrato parte del monte ore in lavoro a distanza e in altri casi tenuti a zero ore senza telelavoro.
Questa situazione oltre creare disomogeneità nei trattamenti economici ha creato vere e proprie discriminazioni verso le famiglie che sfortunatamente abitano in Comuni dove non è stata riconosciuta nemmeno una ora di lavoro a distanza, togliendo il diritto ai propri figli di rimanere in contatto con le educatrici in base a dove vivono e non come un diritto universale.
Dagli interventi territoriali sono emerse diverse criticità; dalle preoccupazioni su cosa accadrà nel periodo estivo, alle cooperative che richiedevano di esaurire tutte le ferie e i permessi prima di utilizzare i Fis, al mancato anticipo del Fis con l’obbligo di rivolgersi alle banche per un anticipo/prestito, alle modalità di calcolare il tempo di lavoro a distanza considerando solo quello frontale, senza considerare i tempi di preparazione e progettazione. Emerge chiaramente che nelle città dove le lavoratrici si sono organizzate sindacalmente e in collettivi si sono ottenute condizioni di miglior favore, dal riconoscimento dell’anticipo del Fis, all’ aumento delle ore di lavoro a distanza, all’integrazione fino al 100% da parte della cooperativa per fare degli esempi.
Emerge il bisogno di affrontare le difficoltà insieme per poter aver parola sul futuro dei servizi e a quali condizioni, insieme non solo come lavoratori ma coinvolgendo le famiglie e le città che a ricaduta usufruiscono dei servizi.
Le prospettive di percorso collettivo partono da obbiettivi a breve termine come il riconoscimento del salario al 100% e di lavorare in sicurezza al 100%, di costruire una piattaforma che regoli sia il lavoro a distanza (i tempi di lavoro e tempi di vita, gli strumenti per il telelavoro, la formazione per migliorare la comunicazione tramite lo schermo) che sia propositiva su come affrontare il periodo estivo, per evitare lo svilimento professionale e trovare soluzioni che garantiscono continuità di lavoro e reddito dignitoso. Sul medio periodo abbiamo deciso di amplificare la campagna regionale e nazionale per l’internalizzazione dei servizi, elemento di buon senso dopo i limiti tragici emersi in questa emergenza sanitaria, in modo particolare a partire dalla sanità con un costo di vite drammatico e nel settore del welfare in generale esternalizzato che sta continuando a produrre servizi di bassa qualità precarietà e lavoro povero.
Infine ci siamo dati appuntamento invitando colleghi e cittadinanza ad un nuovo incontro nel mese di maggio per affrontare insieme il mare mosso e non lasciare nessuno indietro e affermare che i servizi alla persona hanno bisogno di un cambio radicale di passo invertendo la rotta intrapresa da decenni da governi bipartisan, dove con la retorica del risparmio e della maggiore efficienza oggi ci troviamo costi sociali e umani altissimi.